LA SENTENZA STORICA DELLA CORTE CEDU CONTRO IL “DIRITTO” AL SUICIDIO ASSISTITO
Non può esiste una sorta di “diritto alla morte” in Europa: è a suo modo storica la sentenza della Corte CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo), organo giuridico del Consiglio d’Europa di cui fanno parte tutti i 27 paesi Ue, applicata contro la richiesta di diritto esiziale del suicidio assistito per i malati che lo richiedono. «Lo Stato che impedisce il suicidio assistito per una persona malata non ne sta violando i diritti»: la sentenza della Corte con sede a Strasburgo (e che, a differenza della Corte di Giustizia Europea, non è organo diretto dell’UE) parte dal ricorso di un malato ungherese affetto da SLA avanzata che aveva chiesto il diritto alla morte prima che le sue sofferenze diventassero eccessive o insopportabile.
«Nonostante una tendenza crescente verso la sua legalizzazione, la maggioranza degli Stati membri del Consiglio d’Europa continua a proibire sia il suicidio medicalmente assistito che l’eutanasia», scrivono i giudici della CEDU nella sentenza pubblicata oggi 13 giugno 2024. Per questo motivo, gli Stati che riconoscono l’organismo della Corte Europea dei diritti – come detto, tutti i 27 dell’Europa – hanno un ampio margine di di discrezionalità sul tema del suicidio assistito, dunque le autorità ungheresi «non hanno mancato di trovare un giusto equilibrio tra gli interessi in gioco e non hanno oltrepassato tale discrezionalità».
“CURE PALLIATIVE ESSENZIALI”: IL MONITO DELLA CORTE EUROPEA CHE “SEGUE” QUANTO DA TEMPO VA DICENDO LA CHIESA
In un caso dunque molto simile a quello che in Italia ha dato il via alla sentenza della Corte Costituzionale sul suicidio assistito – Dj Fabo-Marco Cappato – il ricorso presentato dal malato ungherese, Daniel Karsai, vede lo Stato per una volta non condannato e anzi invitato alla massima discrezionalità, visto il tema molto delicato. La Corte CEDU ribadisce dunque che non può esserci richiesta per un “diritto alla morte”, mentre al contrario il diritto alla cura e alla vita deve sempre essere garantito.
In questo senso, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo afferma come gli Stati devono sempre considerare la piena necessità di cambiare la legge per tenere sempre conto di «eventuali cambiamenti nell’opinione pubblica e degli standard internazionali di etica medica in questo ambito». Da ultimo, il board di Strasburgo ritiene essenziale garantire sempre il massimo standard di cure palliative per la garanzia di una vita degna, sempre e comunque: «le cure palliative di alta qualità, compreso l’accesso a un’efficace gestione del dolore, siano essenziali per garantire una fine della vita dignitosa». Non lontano insomma il giudizio della CEDU a quanto da tempo va predicando la Chiesa Cattolica sul tema eutanasia e suicidio assistito: come ha ricordato nell’intervista a “In mezz’ora” sulla Rai lo scorso febbraio 2024 il Presidente della CEI, Card. Matteo Maria Zuppi, «Quando parliamo di diritto alla vita, parliamo di diritto a non soffrire. Le cure palliative, che ci permettono di combattere alla sofferenza, non possono arrivare solamente alla fine». Per la Conferenza Episcopale italiana, occorre fare molto di più anche a livello legislativo per garantire cure palliative di alto livello, occorre «fare molto di più per il diritto a non soffrire, permetterebbe già di scegliere un po’ di più».