UCRAINA: “REFERENDUM SUI NEGOZIATI DI PACE DOPO RITIRO RUSSIA”

Continuano, tra alti e bassi, i negoziati dalla Turchia con le delegazioni di Russia e Ucraina anche a fari spenti – senza ovvero la presenza di Erdogan e con gli occhi del mondo puntati contro come ieri. Tra gli “alti” da segnalare il commento del capo-negoziatore russo Vladimir Medisnky in merito all’evoluzione delle trattative su Crimea e Donbass: «Gli ucraini si sono dimostrati per la prima volta disponibili a trattare dichiarando di essere pronti a rispettare le richieste fondamentali su cui la Russia ha insistito negli ultimi anni».



Il no alla Nato e alle basi militari stranieri sono il vero punto di svolta, conclude Medinsky alle agenzie russe. Kiev replica a distanza che lo status sul Donbass, di fatto il nodo più complicato e difficile, «verrà affrontato direttamente nel futuro colloquio Putin-Zelensky». Il capo negoziatore ucraino Mikhailo Podolyak incontrando i media internazionali a Leopoli ha spiegato che vi sarà un referendum nazionale sulla possibile intesa tra Ucraina e Russia «solo dopo che le truppe russe saranno tornate alle loro posizioni antecedenti al 23 febbraio. Penso che nei prossimi giorni dovremo lavorare sui singoli termini del trattato, che dovrà essere accettato da tutti, anche dagli Stati garanti». Lo stesso Podolyak ha poi esaltato il ruolo di mediatore di Roman Abramovich, considerato «molto efficace» nel moderare tra le due delegazioni opposte. Tra i “bassi” segnali dai negoziati segnaliamo invece il Ministro della Difesa ucraina che fa sapere in una nota come al momento non sia avvenuto alcun ritiro delle truppe da Kiev e Chernihiv, come invece promesso dalla delegazione russa ieri nei negoziati di Istanbul.



COME SONO ANDATI I NEGOZIATI DI PACE IN TURCHIA (FINORA)

Dovrebbero proseguire in giornata i negoziati di pace tra Ucraina e Russia in Turchia dopo il primo, importante, round andato in scena ieri a Istanbul: le trattative per provare a trovare uno stabile “cessate il fuoco” sono continuate per ora e hanno messo a “segno” alcuni punti importanti per il prosieguo del conflitto.

La Russia ha messo sul tavolo dei negoziati la promessa di ridurre «radicalmente» le attività militari su Kiev e Chernikiv, mentre l’Ucraina ha ribadito l’adozione di uno status neutrale (ovvero di estraneità alla Nato e non interferenza nel caso di conflitti tra paesi esteri), chiedendo però un cordone di Stati che possano garantire per la difesa di tale neutralità di Kiev. Tra l’accordo finale e questa “bozza” vi è però una distanza importante, anche perché su tutti i punti sopracitati emergono difficoltà e puntualizzazione ancora tutte da svolgere nei prossimi giorni. In particolare, non è chiaro quale sarebbe il margine di intervento degli Stati garanti dell’Ucraina (si vocifera siano Stati Uniti, Regno Unito, Polonia, Francia, Turchia e Canada, ma anche Italia e Israele potrebbero rientrarvi); lato Mosca invece, è tutto da capire cosa voglia dire la “riduzione delle attività militari”, visto per esempio che già questa mattina raid e bombe sono state segnalate a soli 20 km da Kiev.



RUSSIA-UCRAINA, DAI NEGOZIATI ALLE BOMBE

«I segnali dei negoziati in Turchia sono positivi, ma l’Ucraina non intende allentare i suoi sforzi militari»: lo ha detto il Presidente dell’Ucraina Zelensky in un nuovo video apparso su Telegram. Lo stesso leader del Governo ucraino, dopo il passo avanti dei negoziati di pace ieri a Istanbul, ha spiega che tali segnali sono da ritenere come pienamente positivi ma purtroppo «non mettono a tacere le esplosioni o i proiettili russi. L’esercito russo ha ancora un potenziale significativo per continuare gli attacchi contro il nostro stato».

Altro punto non da poco affrontato nelle trattative tra le due opposte delegazioni – guidate per l’Ucraina da Mikhailo Podolyak e per la Russia da Vladimir Medinsky – riguarda la situazione di Donbass e Crimea: la bozza emersa dai colloqui in Turchia vede la richiesta di Kiev di un negoziato di 15 anni sul riconoscimento dello status della Prima e pure una discussione sul Donbass (questo da affrontare in un possibile prossimo vertice Putin-Zelensky). Il consigliere di Mosca Medinsky ha definito tali negoziati come «molto costruttivi» e davanti alla neutralità manifestata dall’Ucraina ha risposto che la Federazione Russa si dice «non contraria all’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea». Insomma, gli spiragli per un processo di pace ci sono tutti, ma la realtà della guerra vede ancora i combattimenti in corso in diverse città ucraine, così come il “freddissimo” rapporto della diplomazia internazionale fuori dalla Turchia: lo scontro Biden-Putin non si placa, l’affiliazione di Russia e Cina (ribadita stamattina nel vertice Wang Yi-Lavrov) non aiuta lo scacchiere internazionale. Come spiega in esclusiva oggi al “Sussidiario” la prof. Michela Mercuri, docente di Storia contemporanea dei paesi mediterranei all’Università di Macerata, il ruolo della Turchia è ancora tutto da decifrare per l’evoluzione dei negoziati: «Questi segnali incoraggianti visti ieri potrebbero significare che la Turchia ha molte più carte diplomatiche da giocare rispetto all’Europa, ma questo non vuol dire che Erdogan riesca a vincere la partita: se vogliamo restare alla metafora sportiva, diciamo che sta comunque disputando un ottimo match».