L’APERTURA DELLA RUSSIA E LE CONDIZIONI DELL’UCRAINA: REBUS NEGOZIATI

«La Russia è pronta sedersi di nuovo al tavolo delle trattative: sono state ferme per colpa dell’Ucraina» così ha spiegato ieri sera il capo delegazione della Russia nei negoziati di pace, Vladimir Medinsky.

Sempre il Cremlino fa sapere che è stata solo una decisione di Kiev nel voler congelare i negoziati: è possibile negoziare «anche ai massimi livelli, ma è possibile solo in una fase più avanzata dei colloqui», ovvero quando i nodi principali sono già stati chiariti. Il problema è proprio questo, la mancanza di accordi preliminari: alla timida apertura di Mosca infatti, ha seguito la stroncatura dell’Ucraina, con il capo delegazione Mykhaylo Podolyak. Intervistato dalla Reuters, l’inviato di Zelensky ha sottolineato «Non accetteremo alcuna intesa con Mosca che riconosca il sequestro del territorio ucraino». L’obiettivo attuale della Russia, come si vede dall’evoluzione degli attacchi di questi giorni, riguarda il Donbass e in particolare l’intero territorio dell’Oblast’ di Lugansk. A quel punto, conquistato mezzo Donbass, la Russia potrà accettare di sedersi ai negoziati con un ruolo di forza: «Qualsiasi concessione alla Russia non è un percorso per la pace, ma una guerra rinviata di qualche anno. L’Ucraina non commercia né la sua sovranità né i suoi territori e gli ucraini che vivono su di essi», ha nuovamente intimato Podolyak, aggiungendo «La guerra non si fermerà dopo le concessioni. Sarà solo messa in pausa per un po’ di tempo. Dopo un po’, con rinnovata intensità, i russi costruiranno le loro armi, rafforzeranno la manodopera e lavoreranno sui loro errori, si modernizzeranno un po’, licenziando molti generali. E cominceranno una nuova offensiva, ancora più sanguinosa e su larga scala». La richiesta di Kiev è dunque molto semplice: «Le forze russe devono lasciare il Paese e dopo sarà possibile la ripresa del processo di pace». Un piccolo segnale di “apertura” da parte di Mosca arriva stamane con la decisione di ritirare la propria candidatura per l’Expo 2030, a cui concorreva assieme a Roma e all’ucraina Odessa.



FERMI I NEGOZIATI DI PACE TRA RUSSIA E UCRAINA: IL NODO AZOVSTAL

Fermi i negoziati di pace tra Russia e Ucraina, non esattamente nelle migliori condizioni anche quelli per ciò che succederà a Mariupol dopo l’evacuazione e la “liberazione” dell’acciaieria Azovstal.

La situazione diplomatica internazionale attorno all’Ucraina è sempre più complessa, con l’Occidente che – nonostante gli sforzi continui di Vaticano e alcuni leader Ue (Macron e Draghi, su tutti) – non riesce a trovare il giusto accordo per raggiungere una minima tregua su Kiev. Il Cremlino accusa la Nato e il G7 di “sabotare” i negoziati di pace fornendo aiuti e armi all’Ucraina e non volendo appieno la pace nell’Est Europa. Di contro, le forze occidentali ritengono Putin ancora una volta non serio e veritiero quando insiste nella volontà di trattative per far finire la guerra. L’ultima “scintilla” arriva per l’appunto da Mariupol, con l’annuncio di ieri della «piena liberazione» dell’acciaieria da parte delle forze russe. Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in una intervista tv, ha spiegato che i negoziati di pace tra Mosca e Kiev sono ad un punto morto ma potrebbero ricominciare solo dopo «dopo uno scambio di prigionieri che riporti a casa i militari ucraini che si sono arresi nell’acciaieria di Azovstal a Mariupol».



ZELENSKY A DRAGHI: “NON SIAMO PRONTI PER VERI NEGOZIATI”

Sempre Zelensky sottolinea come «Ci sono cose che non possiamo ottenere se non al tavolo dei negoziati. Vogliamo che tutto torni com’era ma la Russia non vuole. Li porteremo a casa. Questo è quello che dobbiamo fare con i nostri partner che si sono presi la responsabilità».

La Russia però, tramite il capo negoziatore, smentisce su tutta la linea la proposta giunta da Kiev: «La mia opinione non è cambiata: i soldati Azov sono banditi nella Federazione russa e il loro destino dovrebbe essere deciso dal tribunale», spiega capo della commissione per gli affari internazionali della Duma, Leonid Slutsky, smentendo lo scambio di prigionieri tra il battaglione Azov e l’oligarca filorusso Medvedchuk. Nella giornata del 21 maggio, il Presidente ucraino Zelensky ha sentito telefonicamente il Premier italiano Mario Draghi, ringraziando l’Italia per lo sforzo profuso tanto in aiuti all’Ucraina quanto negli appelli per dei negoziati di pace immediati: «non siamo pronti per veri negoziati, prima aiutateci a riconquistare i nostri territori», sottolinea il leader di Kiev, con nel frattempo il Ministro degli Esteri Kuleba che aggiunge «Non abbiamo bisogno della terra di nessun altro, ma non rinunceremo a ciò che è nostro».