PUTIN A MACRON: “OK RIPRENDERE NEGOZIATI, MA…”. SVOLTA CON IL PAPA?
La prima telefonata dal 29 marzo tra Emmanuel Macron e Vladimir Putin apre una picciola, flebile, possibilità di ripresa dei negoziati di pace per la guerra in Ucraina. «La Russia è ancora aperta al dialogo con l’Ucraina», ha detto il leader del Cremlino nella videoconferenza del 3 maggio con il Capo dell’Eliseo.
Le condizioni sono però subito nette e ostiche: in primis, «i Paesi Ue ignorano i crimini di guerra delle forze ucraine e i loro bombardamenti sulle città e i villaggi del Donbass». In secondo luogo, l’Ucraina – secondo Putin – «non sarebbe pronta per negoziati seri per porre fine al conflitto con la Russia. L’insicurezza del cibo è peggiorata dalle sanzioni. L’Occidente non deve più fornire armi». Di tutta risposta, Macron al Capo del Cremlino ha ribadito come serva al più presto «il cessate il fuoco e una soluzione negoziata di pace»; non solo, per il Presidente francese «la Russia deve essere all’altezza delle sue responsabilità di membro permanente del Consiglio di sicurezza, mettendo fine alla sua aggressione devastatrice in Ucraina». Macron si è detto infine disponibile «a lavorare alle condizioni di una soluzione negoziata per permettere la pace e il pieno rispetto della sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina». Per il vice presidente esecutivo e direttore dell’Ispi Paolo Magri, qualche flebile speranza per una ripresa del dialogo tra Russia, Ucraina e Occidente si scorge all’orizzonte: «Mettendo insieme le notizie delle ultime ore – la telefonata di Macron (la prima dopo Bucha), la tregua invocata da Draghi – il messaggio è importante: qualcosa si muove, l’ottimismo è già stato smentito tante altre volte, ma c’è volontà di ripartire anche per le opinioni pubbliche». Non solo, conclude Magri nella recente intervista a “Omnibus” su La7: «Anche l’apertura dell’ambasciatore russo alla visita di Papa Francesco a Mosca è un segnale importante che qualcosa sta muovendosi per davvero». «In ogni situazione internazionale, il dialogo con Francesco è importante per Mosca», è stata in effetti la risposta positiva ambasciatore russo in Vaticano Aleksandr Avdeev, davanti all’invito del Papa a parlare direttamente di persona con Putin, «Bergoglio è sempre un compagno gradito, un interlocutore desiderato».
NEGOZIATI DI PACE IN UCRAINA: LE CONDIZIONI DI ZELENSKY
«L’Ucraina è disposta ad accettare la neutralità chiesta da Mosca solo se la Russia lascerà tutti i territori occupati, inclusa la Crimea»: lo ha detto lo scorso 2 maggio il Presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky, intervistato da “Al Arabiya” commentando la lunga fase di stallo sui negoziati di pace.
Le frenate tanto di Mosca quanto di Kiev davanti all’esplodere del conflitto nel Donbass hanno vissuto di pari passo con la freddezza internazionale della diplomazia mondiale tra Russia e Occidente: l’unico che continua con forza a chiedere una tregua di pace è Papa Francesco che ancora oggi (al “Corriere della Sera”) ha ribadito i rischi della terza guerra mondiale in atto, «sono pronto ad andare a Mosca per incontrare Putin…». Per il resto, è la Turchia quella che prosegue nel tentativo di trovare un proprio ruolo di “arbitro” nella contesa come avvenuto solo nel primo mese di guerra. Per Zelensky i negoziatori russi «non hanno hanno la capacità di prendere decisioni e l’ultima parola sarà sempre di Putin». Per questo motivo, conclude il Presidente ucraino, «insisto nel dialogo diretto tra i due Presidenti». Sempre ieri il leader turco Erdogan da Ankara rilanciava l’ipotesi di prossimi negoziati di pace «vedrò Putin in settimana», mentre è avvenuta nella mattina di martedì la telefonata tra il Cremlino e il Presidente francese Emmanuel Macron.
RUSSIA VS UCRAINA: “NON VOGLIONO LA PACE”. MA SPUNTA UN RETROSCENA…
«Il presidente ucraino Vladimir Zelensky non ha bisogno di alcun trattato di pace. Per lui, la pace è la fine», è netto il messaggio tutt’altro che “incline” a negoziati di pace della Russia, con il vicepresidente del Consiglio di sicurezza Dmitry Medvedev (nonché l’unico Presidente russo che non sia Putin negli ultimi 30 anni).
«Zelensky continuerà a mendicare all’Occidente armi e denaro esprimendo preoccupazione per gli ucraini», sottolinea ancora Medvedev puntando l’indice contro l’Occidente e la Nato che sostengono ormai con forza la difesa dell’Ucraina. Per il Cremlino, qualora ci fosse un negoziato Zelensky verrebbe «impiccato dai nazisti ucraini per aver cospirato con i moscoviti», oppure avrebbe una fine più lenta con i rivali politici del Presidente «che otterrebbero la sua rimozione in quanto ha perso la guerra». Per questo, attacca con veemenza Medvedev, «continua a blaterare che non ci sarà un trattato di pace». Vi sarebbe però un retroscena che negli ultimi giorni fa pensare ad azioni e scenari diversi da quelli annunciati pubblicamente dalla Russia in merito alla guerra ucraina: come riporta l’Agenzia NOVA, la scorsa settimana il Pentagono avrebbe le prove della visita in incognito del capo di Stato maggiore della Difesa russa – generale Valerij Gerasimov – in Ucraina. Ieri è stato il consigliere del ministero dell’Interno ucraino, Anton Geraschenko, a confermare il «ferimento del generale russo. Gerasimov», sarebbe stato colpito da una scheggia alla gamba destra. Non è dato sapere per quale motivi si trovasse in Ucraina, se per condurre obiettivi militari o se invece per eventuali negoziati da “imbastire”.