Continuano le battaglie politiche per i Cpr, ovvero gli ormai famosi (famigerati?) Centri per il rimpatrio, che secondo il Governo possono essere una soluzione alla crisi dei migranti, ma che al contempo sono criticati dalla sinistra, che li definisce “lager”. Uno scontro che nella giornata di sabato vedrà un corteo di antagonisti in quel di Milano, diretti verso il Centro situato in via Corelli, nel quale lavora un paio di volte a settimana anche Pasquale Griesi, sindacalista della sigla Fsp per la Polizia.
E proprio Griesi, in un’intervista rilasciata per il quotidiano Libero, ha parlato della realtà che si nasconde dietro (o, meglio, dentro) i Cpr, sottolineando fermamente che “per gli extracomunitari non sono sicuramente lager“. Anzi, “sono loro a farli diventare tali per noi che ci lavoriamo”, chiedendosi peraltro come si possano considerare luoghi in cui i migranti vengono torturati se “gli ospiti girano con il cellulare e pubblicano video sui social dove ci prendono in giro”. Nei Cpr, inoltre, sottolinea ancora Griesi, ci finisce “solo che è pericoloso per l’ordine e la sicurezza pubblica. Chi ci finisce di reati ne ha collezionati” e complessivamente si tratta quasi sempre di individui che “sono davvero i più pericolosi“.
Pasquale Griesi: “Nei Cpr aumenta l’autolesionismo, ma solo per anticipare le dimissioni”
La realtà dei Cpr secondo Griesi è ben diversa dalla narrativa della sinistra, dato che lui e gli altri agenti tutti i giorni hanno a che fare con “professionisti dell’illegalità“. Racconta, per esempio, che “buttano il sapone a terra per farci cadere, usano i sacchetti come fionde, staccano i soffioni delle docce per colpirci”, e dall’altro lato, ovvero quegli dei dipendenti, racconta che “i poliziotti ormai fanno gli psicologi. Accompagnano gli ospiti in bagno, gli portano il caffè, li fanno fumare. Tutto”, sottolinea, “per tenerli buoni ed evitare che facciano casino”.
Inoltre, non sempre i Cpr riescono a svolgere la loro funzione perché racconta ancora Griesi, “tantissimi extracomunitari mentono sulla nazionalità” e gli Uffici immigrazione sono costretti “a contattare più consolati, che si rimpallano le competenze senza mai arrivare al dunque”, tardando l’estradizione. Così, chi resta nei Centri continua a fare casino “per poi essere rilasciato al termine del periodo di permanenza”. Singolare, infine, secondo Griesi, che nel Cpr aumentano i casi di autolesionismo, perché a suo dire “serve per farsi dimettere e, infatti, le dimissioni stanno diventando molto frequenti”, così come molti migranti “fanno finta di stare male per tentare la fuga durante il tragitto verso l’ospedale”.