Non solo musica su Spotify. Se non ve ne siete accorti ci sono anche programmi di storia, curiosità, scienze. E dove naturalmente si parla di Covid. Sono i podcast, un modo di fare radio in modo indipendente e autonomo che hanno preso piede da tempo sulla Rete, ma quelli che contano sono ovviamente su Spotify, perché Spotify è la piattaforma digitale più ascoltata e scaricata al mondo. Così succede che un ex comico un po’ sfigato in cerca di notorietà da anni, Joe Rogan si inventi il suo podcast, The Joe Rogan Experience, e diventi in poco tempo il numero uno. Il suo programma è il più scaricate della piattaforma, firma un contratto da 100 milioni di dollari. Per Spotify, Rogan è “una delle voci leader della cultura che ha avuto un ruolo cruciale nel nuovo rinascimento dei podcast“.
C’è da mettersi d’accordo per cosa si intende come cultura, nell’era della cialtroneria online, cioè i social, dove qualunque idiota può diventare influencer e smuovere le masse a forza di fake news e cospirazionismo. Rogan ama invitare al suo programma un po’ tutti, anche Elon Musk a cui fa fumare marijuana in diretta. Ma con l’esplosione del Covid comincia a intervistare cospirazionisti e no vax. Lo ascolta anche il leggendario cantautore canadese da anni residente in America, Neil Young, una delle voci più importanti della contro cultura hippie nata in California a fine anni 60, da sempre schierato contro i Richard Nixon o i Donald Trump. E si arrabbia quando sente Rogan parlare di no ai vaccini. “Possono avere Rogan o Young, non entrambi” annuncia, aggiungendo “Faccio questo perché Spotify sta diffondendo false informazioni sui vaccini causando potenzialmente la morte di coloro che credono a quella disinformazione“. La risposta di Spotify non si fa attendere. E’ risaputo che la piattaforma paga il passaggio delle canzoni una miseria, qualche cent di dollaro ognuna. Per cui per Spotify, che invece ottiene incassi enormi con Rogan rispetto alle canzoni di Neil Young che lo ascoltano solo i suoi coetanei i quali hanno già i suoi dischi e non vanno su Spotify per ascoltarlo, è facile rinunciare al musicista e tenersi lo speaker. La sua casa discografica è preoccupata: il 60% dei suoi ricavati dipende da Spotify. Sì, ma non certo grazie a Neil Young, il quale avrà pure fatto un gesto politicamente elevato, ma anche lui non ci perde quasi niente. Quello che piuttosto preoccupa è come pur di aver ascolti o download, chi detiene le piattaforme digitali non si faccia scrupoli di trasmettere qualunque idiozia. Lo scorso 31 dicembre una lunga lista di medici e scienziati ha firmato una “lettera aperta a Spotify” che invitava la piattaforma a controllare la disinformazione diffusa dallo show di Rogan. Ad allarmare la comunità scientifica era stata la puntata 1757 con il virologo Robert Malone, un tempo pioniere della tecnologia mRNA su cui si basano diversi vaccini anti-Covid e oggi detrattore di questi sieri. Joe Rogan ha permesso che Malone diffondesse opinioni e informazioni prive di fondamento, come quella per cui il vaccino sarebbe un rischio per la salute di chi ha già avuto il Covid. Così va il mondo dei nuovi media. Il rock ha già perso, tanti anni fa.