Durante il sonno, secondo un recente studio, il cervello non si disattiva completamente, a differenza di quanto si era sempre supposto fino ad ora. A giungere a questa conclusione sono stati un gruppo di ricercatori dell’Ospedale Pitié-Salpêtrière di Parigi, citati dal quotidiano Le Figaro, che hanno analizzato la capacità di rispondere a determinati stimoli di 49 persone addormentate, in ognuna delle 5 fasi del riposo.



Durante il sonno, insomma, il cervello sarebbe ancora in grado di reagire e rispondere, e si tratte di un risultato importante perché potrebbe aprire le porte a nuove interpretazioni sui disturbi che alcuni dormienti provano. I pazienti addormentati hanno dovuto riconoscere durante il riposo tra due parole, una reale ed una invitata ma simile all’altra, quale avesse senso e i ricercatori hanno appurato che la maggior parte di loro era in grado di farlo. Secondo i ricercatori, quello che accade durante il sonno è che il cervello apre “piccole finestre di tempo” in ogni fase del riposo, con le quali rimane “collegato” al mondo esterno con la possibilità di svolgere compiti cognitivi anche complessi e di rispondere agli stimoli esterni.



Perché le “finestre temporali” del sonno sono importanti

Il sonno, insomma, non sarebbe in grado di disattivare completamente il cervello del dormiente, che pur riposando e limitando al minimo le sue funzioni, rimane pronto a rispondere agli stimoli esterni in modo corretto. Questo risultato, inoltre, metterebbe in crisi la comune percezione delle fasi del riposo, durante le quali si credeva che il cervello progressivamente si spegnesse, per poi riaccendersi con l’avvicinarsi dell’orario del risveglio.

Attualmente, l’obiettivo dei ricercatori è comprendere meglio come funzionano quelle “finestre di connessione” che si aprono durante il sonno, per giungere a tutta una nuova serie di supposizioni sui disturbi correlati. Secondo la ricercatrice Delphine Oudiette quelle finestre potrebbero essere aperte anche durante la veglia, ed ipotizza che “il sonnambulismo potrebbe essere un’esacerbazione di queste”. Similmente, suppone (uscendo dalla sua competenza) che quelle finestre potrebbero aprirsi anche nei pazienti in coma che vivono in un sonno perenne e che, prevedendole, si potrebbe definire un momento preciso in cui “risvegliare” il soggetto.