Il professor Luca Marini, ordinario di diritto internazionale all’Università La Sapienza di Roma, ha ragionato, sul sito BuongiornoSudtirol.it, sullo stato in cui versano le accademie italiane, sempre più soggette all’ingerenza del cosiddetto politically correct. “Tira una brutta aria nel mondo universitario“, precisa immediatamente in apertura, riconoscendo nell’origine di questa ‘brutta aria’, “il covid [che] ha inaugurato una stagione di criminalizzazione delle opinioni minoritarie e non allineate”.
Nelle università, precisa Marini, c’è sempre stata la richiesta di “un’appartenenza a un sistema di potere”, ma allo stato attuale “si richiede ai docenti l’adesione incondizionata a un sistema che si sta strutturando sempre più per sanzionare ed espellere i corpi estranei “, intesi semplicemente come coloro che si ostinano “a esercitare la libertà di pensiero critico e di insegnamento“. Innegabile, peraltro, che nelle università, secondo Marini, “il messaggio liberal trova uno dei suoi terreni più fertili”. Tuttavia, allo stato attuale il problema principale è che sempre più studenti sono spinti sempre più verso “adesioni acritiche ai feticci del globalismo transumanista che politica e media presentano come assolutamente intoccabili”.
Marini: “Università prossime ad una pericolosa deriva autoritaria”
Nelle università, oltre al dominante pensiero liberal, secondo Marini, ad incidere sulla libertà culturale e di pensiero ci sono anche i sempre più massicci “finanziamenti privati e gli interessi a essi sottesi“. Questi, infatti, stanno causando “una specie di rincorsa all’attivazione dei corsi di laurea più funzionali e graditi a quegli interessi”, che non fa altro che rendere sempre più chiaro che “la dittatura culturale è destinata a radicalizzarsi”.
Quella davanti cui si trova l’università, accusa e spiega Marini, è “una preoccupante svolta autoritaria“, che in futuro potrebbe avere esiti veramente imprevedibili. Capitano sempre più “vicende estremamente preoccupanti dal punto di vista della salvaguardia della libertà di pensiero e di parola: docenti messi alla gogna e sanzionati perché colpevoli di avere espresso la propria opinione“. La causa di questa deriva dell’università, secondo Marini, è da ascrivere anche alla diffusione dei social, “incoraggiata proprio da chi ha interesse a reprimere, e non a favorire, il pensiero critico, e dunque a soggiogare intere comunità. Sono diventati”, conclude, “il collo di bottiglia attraverso cui far passare, e controllare, tutte le forme di espressione del pensiero, critico e non”.