«Siate patrioti». L’invito del premier, nel suo linguaggio atecnico, ai soci del gruppo CAI-Alitalia è sembrato banale. Ma Berlusconi ha espresso un principio fondamentale della corporate governance: non è il profitto monetario l’unico obiettivo dell’imprenditore, ma esistono scopi diversi da raggiungere per il tramite dell’impresa.
Ovviamente, il conto economico di un’azienda deve porre vincoli stringenti alle scelte operative dei manager. Essi gestiscono su mandato dei soci e devono perseguire lo scopo generale assegnato, preoccupandosi di far tornare i conti e far funzionare l’impresa a loro affidata. Ma gli imprenditori, non necessariamente anche manager, possono avere vedute più ampie e devono porre risorse e regole a disposizione dei loro agenti, affinché siano in grado di ottenere i risultati attesi da tutti gli stakeholder.
Nel caso Alitalia, gli imprenditori sono stati chiamati, e ampiamente aiutatati, da uno stakeholder particolare: la collettività nazionale cioè lo Stato, che attraverso il proprio Governo fa conoscere i propri interessi, che sono aggiuntivi rispetto ai loro.
Che Berlusconi chiami patriottismo tale atteggiamento può suscitare ilarità, ma pone in evidenza un impegno, non codificato giuridicamente, ma che dovremo continuamente ricordare in futuro ai componenti della cordata: noi, i cittadini italiani, pretendiamo che la loro iniziativa faccia funzionare il trasporto aereo con base in Italia, consentendo ai membri della comunità nazionale di spostarsi in tranquillità ed efficienza, per turismo, lavoro o affetti.
I segnali di questo ultimo mese non sono confortanti. Il numero di persone (cittadini o patrioti che siano) che hanno subito sconvolgimenti nella loro vita di relazione, affettiva ancor più che economica, in occasione delle festività natalizie, è stato enorme.
I responsabili immediati, gli addetti ai servizi, sono di facile individuazione e hanno ricevuto critiche e, se del caso, riceveranno sanzioni. Ma chi avrebbe dovuto programmare i voli (cancellati, sostituiti, modificati)? Chi avrebbe dovuto assistere i passeggeri? Chi aveva il dovere di “far funzionare la macchina” ?
Ed è a questo punto che i Patrioti diventano mercenari.
La CAI ha sì sottoscritto un contratto impegnativo in data 12 dicembre, versando appena 100 milioni, per garantirsi il business – a essa riservato -, ma la decorrenza della cessione è stata fissata al mese successivo; dunque, nessuna apparente responsabilità immediata, solo i futuri guadagni di domani.
Ma allora chi è responsabile di Alitalia oggi? Chi gestisce la rete Alitalia pro tempore, chi conserva ai futuri padroni la polpa del business? Sono forse cento operai di Fiumicino, come televisione e stampa lasciano credere?
Il Presidente del Consiglio, con decreto datato 1 dicembre, ha dato mandato al Commissario Straordinario Fantozzi di “«adottare gli atti necessari ed opportuni per assicurare, previo accordo con CAI spa la prosecuzione del trasporto aereo da parte del gruppo Alitalia», mettendo a carico di CAI i costi e i ricavi dal 12 dicembre all’effettiva cessione dei rapporti contrattuali.
Ignorando i dettagli operativi, immaginiamo che la commistione giuridico-economica fra cedente e cessionario creerà qualche problema in futuro, ma l’indicazione del Governo é chiara: i trasporti aerei devono funzionare, anche nel periodo di transizione, grazie all’accordo fra la subentrante ed il Commissario.
Oggi è dunque l’onorevole Fantozzi il responsabile.
Egli deve concordare, valutare, organizzare, programmare, firmare; ovvero in termini più semplici deve amministrare e gestire l’Azienda affidatagli, sulla base delle leggi e del principio del “buon padre di famiglia”.
Il compenso previsto (oltre dieci milioni di euro), superiore persino a quello dei presidenti e amministratori di Alitalia indagati per bancarotta, ci dà il diritto di pretendere – a noi cittadini italiani – che la macchina funzioni, anche in presenza di difficoltà, e che sia l’onorevole Fantozzi – che per questo compito ulteriore ha accettato il milionario compenso a trovare le soluzioni operative più idonee.
E se il premier non lo ha ancora fatto, allora venga da noi l’invito ad Augusto Fantozzi a essere patriota, pensando, oltre che al proprio conto in banca, agli interessi che, sotto la sua responsabilità, vengono lesi quando si è costretti, per ore o giorni, ad attendere un’informazione o a rinunciare ad abbracciare una persona cara.