Su PLUS24 di sabato 14 novembre, in un articolo intitolato “Quote rosa:un sisma in Borsa”, Sabbatini interviene “con imbarazzo” sul tema delle cosiddette quote rosa nei consigli di Amministrazione delle società quotate.

Tocca un tema divenuto importante dopo la presentazione da parte della senatrice Lella Golfo, presidente della Fondazione Bellisario, e della collega Germontani di uno specifico progetto di legge, e presa di posizione da parte di molti attori della finanza.

L’imbarazzo del giornalista è d’obbligo, visto che nel CdA della sua società editrice, controllata dalla stessa Confindustria, è presente solo una donna su 15 membri. E non è un caso, perché in quasi tutte le società quotate si osserva un tondo zero, ovvero nessuna presenza femminile: la percentuale globale si attesta sotto al 6% .

Osservato statisticamente, il problema non può che richiedere una soluzione forte e concreta, non delegabile all’autonomia decisionale delle singole società. La riserva di posti alle donne, sulla base di parametri e condizioni oggettive – non necessariamente la singola frazione 1/3, oppure 1/4 – non è l’equivalente del posto per invalidi sui mezzi pubblici o la quota riservata ai portatori di handicap: essere donna, qualunque cosa significhi, non è una invalidità, piuttosto è una risorsa.

Risorsa che è tale perché crea diversità, offre opportunità. È ovvio che se i Consigli fossero composti di sole donne, sarebbe un errore equivalente. Ed è anche chiaro che statisticamente vi sono ulteriori incongruenze rispetto a un modello ideale di composizione dei Consigli di Amministrazione, ad esempio l’età media dei componenti, ma nessuna così eclatante come è la quasi esclusione di genere.

È per questo motivo che le due senatrici si sono sentite in dovere di richiamarsi alla carta dei valori del loro partito, il PDL, che recita: « Noi pensiamo in particolare che siano necessarie forti azioni positive per assicurare l’effettiva parità tra uomo e donna, per accrescere l’accesso delle donne all’istruzione, al lavoro e ai posti di più alta responsabilità nel mondo pubblico e privato».

Questa osservazione forse toglierà ogni dubbio, anche a Sabbatini, circa il rischio di qualunquismo o di approccio “pecoreccio”. Il tema donna, in un’ottica professionale ed etica, non rinvia a escort o trans, come fa comodo a chi – gli uomini di potere – devono comunque riservare a sé il controllo degli organi decisionali.

 

A favore della proposta di incrementare la partecipazione femminile si sono espressi, fra gli altri, Passera e Profumo. Sfortunatamente però, non spetta loro nominare i membri dei Consigli di Intesa e Unicredit, nei quali su un totale di 53 cariche solo 3 sono affidate al sesso debole (di rappresentanza!). È evidente che la autoregolamentazione in questo campo non è sufficiente neanche quando le idee sono condivise.

 

E allora speriamo nel parlamento italiano, sollecitato dalla senatrice Golfo, eletta della Calabria. Forse, le norme proposte, se tradotte in legge, produrranno un sisma in Borsa ma, sicuramente, se questo sconvolgimento si concretizzasse nella sostituzione degli YES-man con delle NO-woman, assisteremmo a meno catastrofi finanziarie.