Si tiene oggi l’assemblea dei “partecipanti al capitale” della Banca d’Italia. Contrariamente a quanto vorrebbe il buon senso – e la legge, sin dal mese di gennaio – i partecipanti non siamo noi, cittadini italiani o i nostri delegati (né il Ministro delle Finanze né altro Ente pubblico), bensì le principali banche italiane – oltre alla Banque Nationale de Paris, Allianz e Generali. In effetti, contrariamente a quanto stabilito dalla legge 262/2005 che prevedeva il trasferimento della proprietà allo Stato o la sua trasformazione in ente pubblico secondo modalità da definire entro tre anni , nulla é stato modificato né si é aperta la dicussione sugli assetti propietari e sul valore delle quote. (www.spaitalia.it/ma-quanto-vale-banca-d-italia.html)



Se oggi Draghi dicesse qualcosa in proposito, sarebbe una rivoluzione nei rapporti, sempre misteriosi, fra il Governatore e i governati (che poi sarebbero gli stessi partecipanti); pertanto é il caso di dubitarne. D’altra parte, a chi gli ha scritto per chiedere conto della strana situazione, ha risposto che é compito del Ministro provvedere: possiamo quindi ritenere che così come stanno le cose, gli vadano bene.



Non per nulla, mentre in tutte le assemblee delle banche – da Intesasanpaolo ad Unicredit a Banco Popolare, per non parlare di Italease – decine di persone sono intevenute, ponendo domande che hanno messo a dura prova gli amministratori e gli organi di controllo, nessuna voce critica si leverà oggi dalla platea. Nessuno chiederà a Draghi conto del suo operato. Nessuno domanderà quale sia la reale situazione patrimoniale delle banche, del perché nessuna sanzione importante sia stata irrogata, come mai si siano resi necessari interventi straordinari. E così via, nessuna domanda specifica, nessun dibattito reale e tutto filerà liscio come da copione.



Anzi, il professor Draghi terrà un’accorata lezione sulla crisi, sui salari, sugli errori commessi (da altri soggetti, non identificati o non perseguibili). Tutto, tranne spiegare cosa ha fatto lui, personalmente e tramite l’istituto, durante il 2008 – di cui si approva il bilancio – per prevenire e fronteggiare la crisi, e per illustrare l’esito dei suoi interventi e gli ostacoli incontrati. Forse, poi, inviterà le banche a incrementare il credito alle piccole imprese e alle famiglie.

I partecipanti/votanti , ovvero gli stessi soggetti redarguiti, dovrebbero obiettare che il controllo sui criteri adottati spetta proprio a lui, agli ispettori di via Nazionale e al sistema complessivo delle centrali di rischio e simili. Si aprirebbe un ampio dibattito, come é normale in seno a una compagine di associati, e forse scaturirebbero delle iniziative. Ma, tale scenario non é credibile. Il conflitto di interessi che regge ormai il sistema non lo consente.

E allora proviamo noi a porre direttamente il problema. Uno studio della stessa Banca d’Italia, riportato in sintesi da Il Sole 24ore di giovedi 28 maggio, mostra l’andamento, dal gennaio 2004, del differenziale nella crescita dell’erogazione del credito alle imprese, fra piccole (fino a venti dipendenti) e medio-grandi. Fino a inizio 2006, é di circa uno/due punti; da questo momento si registra un’impennata a favore delle grandi imprese fino a raggiungere gli 8 punti a fine 2007: differenziale che si mantiene ancora all’inizio di quest’anno, che (ovviamente!) vede l’azzeramento della crescita del credito bancario alle piccole imprese e il mantenimento del 7% per le grandi.

Ma quale evento critico caratterizza il 2006, e quindi l’inversione della tendenza nell’erogazione del credito? Mario Draghi é nominato governatore il 29/12/2005, in occasione dell’approvazione delle nuove norme – inapplicate – sulla governance della Banca d’Italia. Esiste una relazione non solo temporale fra gli eventi?

Potrebbe il signor Governatore spiegare la sua politica di moral suasion nei confronti delle banche controllate/partecipanti (e comunque votanti e plaudenti in assemblea), per il passato e per il futuro?

Ma , nello stesso tempo, potrebbe spiegare a noi – NON partecipanti al capitale – come mai una quota della Banca d’Italia nel bilancio del Monte dei Paschi vale 48.000 euro e in quello di Unicredit mille euro. Entrambi i bilanci sono stati graziosamente valutati dalla Vigilanza di via Nazionale: senza obiezioni.