La nostra sfida a illustrare pubblicamente i benefici della legge sulla Banca d’Italia è stata, al momento, raccolta dall’ufficio stampa della stessa. È stato pubblicato lunedì un documento su quattro domande quattro, che immagino costituisca un capitolo di un futuro volume “Banca d Italia per idioti”. Ovviamente, le risposte fornite non riguardano gli importanti quesiti sulla costituzionalità del provvedimento o sull’utilizzo delle riserve, in particolare l’oro. Vale, però, la pena di iniziare a commentarle, quantomeno per rispetto all’intelligenza di quanti si stanno avvicinando all’argomento, forse anche per via degli eccessi comportamentali di Grillo e compagni. Ma se non ci fossero state le oche capitoline a starnazzare, Brenno avrebbe preso Roma e il suo oro! Esaminiamo le prime due domande.



1) È vero che la Banca d’Italia viene privatizzata? Tautologicamente no, perché lo era già in passato, e la legge del 2006, che prevedeva il trasferimento a soggetti pubblici delle quote, non era stato attuato. Ma la domanda che si pongono gli italiani è se Banca d’Italia è ora a controllo privato, e la risposta dovrebbe essere: sì, perché banche, compagnie assicurative, fondi pensione e fondazioni sono soggetti privati, con interessi diversi e, forse, confliggenti con l’interesse pubblico.
Gli estensori della nota vogliono comunque sottoporre a controprova la bontà del provvedimento. E dicono, quindi, se gli attuali quotisti avessero dovuto cedere allo Stato le quote, chi avrebbe pagato i 7,5 miliardi? I cittadini con le loro tasse. Ma per quale motivo, in una tale evenienza, si sarebbe dovuto riconoscere quest’importo, che ricordiamo nessun esperto ha mai periziato? Ma per gli idioti basta ripetere “valore stimato con la consulenza di importanti esperti nazionali e internazionali”, senza sottolineare che Papademos, Gallo e Sironi non hanno firmato il documento di autostima di Banca d’Italia.



2) Questa riforma si risolve in un regalo alle banche? Assodato al punto precedente che la rivalutazione delle quote e la successiva cessione fino a 7,5 miliardi fosse un diritto universalmente riconosciuto delle banche beneficiarie (ma anche le assicurazioni Unipol e Generali sono quotisti), ci si concentra sul flusso dei dividendi.

La matematica finanziaria evidentemente affascina l’ufficio stampa e così quelli ridotti degli ultimi anni (dieci anni fa 45 milioni, l’anno scorso 75), diventano “potenzialmente infiniti”. Allora porre con il nuovo statuto un limite di 450 milioni all’appetito dei nuovi soci diventa sì un regalo, ma…. agli italiani! E, per evitare equivoci, ci ricordano che le banche, effettivamente senza sacrifici per i loro soci privati, aumenteranno in media il parametro di capitale, ma solo di 40 punti base: troppo poco per essere un dono! Ma se dicessimo che Intesa incrementa il suo patrimonio di quasi 3 miliardi? Gli idioti forse capirebbero. E, infine, ci ricordano che non si tratta di un trucco contabile: lo sappiamo bene, sono i nostri soldi che cambiano di mano!



 

P.S.: E come disse Marco Furio Camillo di fronte al gallo Brenno: “Non auro, sed ferro, recuperando est patria”!

(continua con l’esame delle domande 3 e 4)

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