Il regolamento sanzionatorio della Consob si pone al di sotto dello standard fissato dal legislatore. Con questa eufemistica affermazione, il Consiglio di Stato ha dichiarato illegittimo il Regolamento attraverso il quale sono state gestite finora le contestazioni di violazioni in campo finanziario – dai controlli societari agli abusi di mercato -, per mancanza di separazione fra la funzione istruttoria e quella decisoria da parte di un’autorità
In un nostro precedente intervento su queste pagine avevamo segnalato come nella vicenda di presunta manipolazione di mercato imputata a Matteo Arpe, il tema rilevante fosse l’evidenza di un potere arbitrario e discrezionale nella gestione dei controlli sui mercati finanziari che, eventualmente, finisce per favorire gli abusi e scoraggiare gli investitori. La sentenza, con un’interessante e articolata disquisizione giuridica, non accoglie pienamente le obiezioni mosse al nostro ordinamento dalla Corte europea, alla quale si era rivolto Arpe, e rigetta nel caso specifico la richiesta tecnica dei suoi legali.
Il CdS dichiara, però, apertamente che la Consob non ha rispettato il dettato legislativo quando ha approvato nel 2005 il proprio Regolamento. Nel tempo lo ha applicato senza provvedere a modificarlo in maniera da adeguarsi alle disposizioni di legge che prevedono esplicitamente il contraddittorio, la piena conoscenza degli atti, la verbalizzazione e la distinzione del ruolo del giudice da quello dell’accusatore.
Quindi, ora, tali argomenti potranno essere utilizzati da chiunque, oltre ad Arpe, per contestare eventuali provvedimenti sanzionatori, sia monetari che interdittivi, e ciò a prescindere dalla fondatezza nel merito degli argomenti difensivi e della commissione dell’abuso.
Ma il Consiglio di Stato è andato anche oltre il caso Consob, segnalando che la stessa situazione si estende a molte altre autorità indipendenti, determinando un possibile effetto domino nei diversi settori vigilati. E, pensiamo noi, un’attenzione particolare meriterà a questo punto Banca d’Italia, ora diventata anche un’autorità amministrativa “privata” che controlla e sanziona altri privati: la vicenda Mediolanum per gli interessi coinvolti potrebbe far emergere in futuro nuove criticità.
Ed è forse con questo retropensiero, il CdS, oltre a delineare chiaramente i profili di illegittimità che dovrebbero essere immediatamente affrontati in autotutela dagli organismi esistenti, si spinge a suggerire un intervento legislativo che tenga conto in maniera esplicita dei principi del “giusto processo” e del “giusto procedimento”.
La sentenza dovrebbe ora indurre le diverse autorità a rivedere e modificare i loro regolamenti e ad adottare provvedimenti riorganizzativi dei propri uffici, ma non sarebbe anche il caso che qualcuno – dal Governo alla Corte dei Conti – intervenisse per censurare o sanzionare chi ha finora sbagliato, anche omettendo di correggere gli errori altrui, spesso utilizzando il potere di controllo “arbitrario” per interferire nelle vicende economiche sottoposte al proprio vaglio?