Procede verso la riapertura il caso della neonata che nel 2021 morì (si disse all’epoca dei fatti) in seguito alla cosiddetta sindrome della morte in culla perché la procura di Pavia avrebbe trovato prove evidenti di presunti maltrattamenti subiti dalla piccola, in modo definito “sistematico”. A raccontare i nuovi sviluppi è il Corriere della Sera, che ha appreso come entrambi i genitori della piccola che aveva appena 3 mesi sono stati iscritti nel registro degli indagati, anche se solo a titolo di ‘persone informate’, mentre spetterà al lavoro degli inquirenti ricostruire le trame che potrebbero aver causato la morte della neonata di Pavia.
Tornando brevemente a quel 2021, la mattina del 28 novembre la madre della piccola chiamò i soccorsi perché aveva notato che stava diventando cianotica e faticava a respirare. Immediato l’intervento dei paramedici del 118 che, tuttavia, si è rivelato anche altrettanto inutile, dato che dopo l’arrivo della neonata in condizioni critiche all’ospedale San Matteo di Pavia sono passati pochi minuti prima della morte per una grave crisi respiratoria.
I segni della violenza sistematica sulla neonata morta a Pavia
Come anticipavamo, all’epoca i genitori parlarono di una situazione imprevedibile, ma già dopo aver costato il decesso i medici dell’ospedale di Pavia notarono che la neonata presentava segni chiari di deperimento. Da lì è partita una lunga indagine, che grazie all’esame autoptico ha permesso di ricostruire (almeno ipoteticamente, in attesa di conferme giudiziarie) le trame di una vicenda che ha tratti ben diversi dall’evento accidentale. Non solo la neonata era deperita, ma presentava anche diverse lesioni alle costole (risalenti a periodi diversi e incompatibili con le normali fratture che si provocano i bambini cadendo) compatibili con le già citate violenze sistematiche.
Ignoto (per ora) se a picchiarla fosse la madre, il padre, entrambi o qualche altro parente, mentre come spesso accade in questi casi nessuno ha rilasciato dichiarazioni (la legale della famiglia ha rifiutato di parlare con il Corriere). Il quadro che emerge, comunque, è quello di una famiglia ‘normale’, non disfunzionale e lontana dagli ambienti a rischio della violenza familiare, anche perché (ricorda ancora il Corriere) l’altra figlia della coppia, affidata ad una comunità protetta, non presenta lesioni, fratture o segni di malnutrizione.