La mamma di Enea, il piccino lasciato al caldo della Culla della vita della Clinica Mangiagalli di Milano, è una brava mamma.

Una mamma che l’ha portato in seno per nove mesi, temendo, piangendo, soffrendo, maturando a poco a poco la decisione di non tenerlo con sé. L’ha deposto nella mangiatoia di un ospedale, messa lì apposta, ideata, preparata, seguita come in altre cliniche e strutture ospedaliere da quegli angeli del Movimento per la Vita. L’ha accompagnato con un biglietto dolce, in cui scrive il suo bene, e possiamo immaginare lo strazio.



Non sappiamo le ragioni di questo gesto così tenero e dolente, e saranno gravi. Psicologiche, familiari, economiche, le avranno fatto credere di non poter essere un madre “giusta”, avrà voluto assicurare a quel bimbo un futuro più lieto delle nubi pesanti e cupe che si addensano sul suo. O avrà capito che la gravidanza è stata una leggerezza, una sventatezza, e forse è troppo giovane per prenderne coscienza, o è sola, o ha paura. Ecco, bisogna dirle, e gridare, perché la nostra voce le arrivi, che se si tratta soltanto di aiuto, ci sono uomini e donne disposti ad aiutarla.



E ben ha fatto generosamente, spontaneamente, Ezio Greggio, offrendole il sostegno e la compagnia della sua onlus. Bene fanno le istituzioni a ricordarle che ha ancora tempo per cambiare idea e proporsi di essere la mamma di Enea. È incredibile e desolante il coro di indignazione per quel che è definito un abbandono ignobile. C’è una legge, un’ottima legge, che permette alle donne di partorire anonimamente. Ci sono tante famiglie pronte ad accogliere un bambino nella loro vita, nella loro casa.

Vorremmo vedere la stessa severità di giudizi sull’aborto, o sulla maternità surrogata: in troppi danno per scontato che una vita nel grembo materno si possa sopprimere, e quando si trova una madre che ne porta il dolce peso, e lo affida a chi possa educare e crescere un figlio, è una madre snaturata? La natura non permette di generare mescolando ovuli, sperma e uteri comprati su un catalogo. E sarebbe contro natura una ragazza che accetta di non uccidere, e di donare un bambino, non costruito a suo capriccio, a chi possa essergli genitore?



Che ipocrisia. Dove sono le femministe? Dov’è la sinistra che sbandiera i desideri trasformati in diritti? Dove sono i cristiani che temono di disturbare, e colpevolmente sono troppo silenti? Che degenerazione della persona, della pietà e della carità. Che intelligenze gettate all’ammasso di un pensiero unico che perde il valore e il senso delle cose, e fa preferire la morte, o la manipolazione della vita, alla vita. Tocca alzare la voce, perché questa distrazione e distruzione dell’umano non ci colga. Non dire la verità è vile, omertoso, complice.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI