Dicono che il legame tra la mamma e il proprio figlio si sviluppi dal primo battito del suo cuoricino, all’interno del corpo materno. Un battito che soppianta quello del cuore della madre e diventa, giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto, il nuovo ritmo della sua vita. Un ritmo che inesorabilmente sarà diverso e, questa è l’esperienza delle madri, fatto di amore, pazienza e dono.
Perché la madre, in modo diverso dal padre, dona la vita. Lo fa da quando sente per la prima volta, forse ancora inconsapevole della vita che si sta sviluppando in lei, il bambino vivere dentro di lei. Il legame che si forma trascende qualsiasi aspetto terreno, è un amore che lega per sempre i due esseri viventi: la madre e il bambino. Cos’è una madre senza il suo bambino? E cos’è un bambino, senza la sua mamma?
È di Pasqua la notizia che un bambino, chiamato Enea, è stato abbandonato dalla sua mamma: un gesto consapevole, dettato dall’impossibilità di occuparsi del figlio. Tanti sono gli indizi in tal senso: in primo luogo il bambino era pulito, in secondo luogo il biglietto lasciato da lei, di poche, strazianti, righe: «Ciao, mi chiamo Enea. Sono nato in ospedale perché la mia mamma voleva essere sicura che era tutto ok e stare insieme il più possibile». La cura, la scrittura, l’abbandono in un luogo sicuro come la Culla per la vita della Mangiagalli.
Come non pensare a quello che è passato negli occhi e nel cuore di questa donna in quel momento? Come non immaginare questa madre che, aperto lo sportello dove depositare, al sicuro, il figlio Enea, si gode le ultime immagini della sua creatura, aspettando, irrequieta e spaventata, che il conto alla rovescia di 40 secondi termini, chiudendo lo sportello e lasciando il suo bambino per sempre? Chissà quanto devono essere stati lunghi, per lei, quei 40 secondi. Chissà quali sono state le ultime parole che lei, mamma, ha detto a suo figlio. Forse gli avrà chiesto scusa per non potersi permettere di avere un figlio a carico. O forse gli avrà detto altro. Ma, quale che sia il motivo, come non rendersi conto della grande tragedia che accade nel 2023?
Questo evento, nella Pasqua di resurrezione, è lieto perché un bambino che nasce è sempre una buona notizia. Ma porta anche la tristezza legata al fatto che una madre, oggi, non è in grado di vivere con il suo bambino e questo, nel mondo ultramoderno in cui viviamo, semplicemente non è ammissibile. Non è umano.
C’è un bambino, dentro la clinica Mangiagalli, che molto probabilmente verrà affidato a qualche famiglia che sicuramente se ne prenderà cura e lo ricoprirà d’amore. Ma come non ascoltare, mentre è custodito dai medici in attesa della sua nuova famiglia, il suo grido: «Sono Enea, e voglio la mamma»?
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