“MI CHIAMO ENEA E STO BENE”: NEONATO ABBANDONATO NELLA CULLA PER LA VITA DELLA CLINICA MANGIAGALLI

«Ciao, mi chiamo Enea. Sono nato in ospedale perché la mia mamma voleva essere sicura che era tutto ok e stare insieme il più possibile»: inizia così la lettera della mamma del neonato abbandonato il giorno di Pasqua nella “Culla per la Vita” adibita all’interno della Clinica Mangiagalli di Milano. L’annuncio è stato dato dallo stesso ospedale Policlinico spiegando che “La Culla per la Vita” – un ambiente protetto e riscaldato, strutturata in modo da avvisare immediatamente il personale sanitario – è stata attivata a Pasqua per la terza volta in 16 anni di vita: i primi due sono avvenuti nel 2012 e nel 2016, due bimbi maschi che sono stati chiamati rispettivamente Mario e Giovanni.



Il bimbo questa volta si chiama Enea e lo si sa in quanto assieme al piccolo neonato è stata trovata anche una lettera della madre dove racconta che è nato sano con esami ok in ospedale ma che non può prendersene cura, senza motivare il perché di un dramma del genere. Il piccolo è ora accudito dagli specialisti della Neonatologia alla Clinica Mangiagalli del Policlinico, dove sta seguendo i controlli di routine: «E’ una cosa che pochi sanno – racconta Ezio Belleri, direttore generale del Policlinico di Milanoma in Ospedale si può partorire in anonimato, per la sicurezza di mamma e bambino. Inoltre esistono le Culle per la Vita: la nostra si trova all’ingresso della Clinica Mangiagalli e permette di accogliere in totale sicurezza un bimbo che i suoi genitori non possono purtroppo tenere con sé. E’ una decisione drammatica, ma la Culla consente di affidare il piccolo ad una struttura dove gli sono garantite cure immediate e che preserva l’assoluto anonimato per i genitori».



LA LETTERA DELLA MADRE: “SONO ENEA, MIA MAMMA MI VUOLE BENE MA NON PUÒ OCCUPARSI DI ME”

Alle 11:40 della domenica di Pasqua la Culla si è attivata per accogliere Enea all’interno della clinica Mangiagalli, e della mamma non è stata trovata traccia: ai media in queste ore giungono alcuni dettagli sulla lettera scritta come se fosse in prima persona il piccolo Enea ad averla redatta. «Ciao mi chiamo Enea. Sono nato in ospedale perché la mia mamma voleva essere sicura che era tutto ok e stare insieme il più possibile», si legge nella missiva drammatica e commossa, firmata in fondo come “la mamma”.



«Parla di coccole, dice di volergli molto bene, ma di non potersi occupare di lui. Racconta anche che il bimbo è super sano e che tutti gli esami fatti in ospedale sono ok», raccontano dal reparto della Mangiagalli all’ANSA. «Occasioni simili sottolineano come il sistema della Culla per la Vita sia fondamentale», sottolinea Fabio Mosca, direttore della Neonatologia e della Terapia Intensiva Neonatale del Policlinico di Milano, in quanto «ci permette di accogliere il bimbo e di aiutare la mamma nella sua drammatica scelta, in tutta sicurezza. Vivo però questo evento anche come una sconfitta a livello sociale, perché in qualche modo non siamo stati in grado di intercettare una madre in grande difficoltà».

TRIBUNALE MILANO: “SE MAMMA CI RIPENSA LA AIUTEREMO”. TROVATA FAMIGLIA AFFIDATARIA PER ENEA

Un dramma per il piccolo Enea che almeno per il momento non potrà crescere con la sua mamma e il suo papà; un dramma umano che però sottolinea, paradossalmente, tutta l’azione “generosa” della donna che davanti ad una gravidanza probabilmente inattesa (se non indesiderata) non ha scelto la strada dell’aborto e nemmeno quella dell’abbandono in strada. Si è fatta carico di quel “fardello” e lo ha consegnato nel luogo dove meglio sarebbe potuto essere accudito e curato il piccolo Enea: certo, resta il dramma di un abbandono tutt’altro che semplice da “maturare” e del quale non conosciamo nulla. Ma non tutto sembra oscuro all’orizzonte come dimostrano due fatti successi questa mattina, a 24 ore dall’arrivo di Enea nella Culla per la Vita.

«Il tribunale – scrive il Policlinico di Milano – affiderà il piccolo a una famiglia che si era già resa disponibile ed era stata valutata idonea per accogliere un bambino abbandonato»: Enea insomma non vivrà in istituti o ospedali in questi primi mesi di vita, ma sarà accudito e accolto da una famiglia premurosa che si è fatta avanti. Dal Tribunale e dal Policlinico hanno inoltre fatto sapere che la mamma di Enea, «qualora ci ripensasse, siamo pronti ad accogliere e ad assistere». L’accoglienza e la compagnia, elementi necessari per l’esistenza umana che potrebbero far proseguire l’esistenza del neonato in una direzione opposta a quella traumatica dei suoi primi giorni. «Se da un lato sapere che la Culla per la Vita ha accolto un piccolo bimbo è sollievo per una scelta che, come talvolta si legge dai fatti di cronaca, poteva essere rischiosa per la vita e la dignità del neonato, come l’abbandono vicino ai cassonetti, al contempo è anche segno di una scelta dolorosa che ci deve interrogare. Non è naturale per una mamma separarsi dal proprio bimbo: perché mai un tale gesto? Forse non ha trovato chi poteva darle un aiuto? Si sarà così sentita sola da pensare di non farcela? Problemi economici? Non dobbiamo giudicare, ma certamente dobbiamo lasciarci interpellare da questo episodio», così parla Soemia Sibillo, direttrice del Centro aiuto alla Vita Mangiagalli, ereditato quel ruolo dalla fondatrice del CAV Mangiagalli Paola Bonzi. «La maternità non è un fatto individuale ma ci riguarda tutti. Al Cav raccogliamo tanti racconti di sofferenza e solitudine spesso inimmaginabili. Forse questa mamma non ci conosceva. Possiamo ancora aiutarla, se ci ripensa: siamo al terzo piano della scala B della Mangiagalli. È importante far sapere che ci siamo», ha concluso all’Avvenire la stessa Sibillo.