A pochi giorni dall’inscrizione su di una presunta tregua segreta tra Kiev e Mosca, arriva il commento dello storico e sociologo Alessandro Orsini che sulle pagine del Fatto quotidiano ha pubblicato una riflessione su quella che lui chiama “disinformazione” visto che la notizia è stata “smentita dal Cremlino” e che – spiega – si sarebbe intensificata proprio nel momento in cui per Kiev la “posta in gioco (..) è diventata altissima”.



Soffermandosi proprio su questa sedicente e ventilata tregua “per porre fine ai reciproci attacchi contro le rispettive infrastrutture energetiche”, Orsini ci tiene a spiegare le “tre ragioni” per cui sarebbe stato un accordo “dirompente”: innanzitutto perché “porrebbe l’esercito ucraino e quello russo sullo stesso piano”; secondariamente perché “fiaccherebbe la guerra d’attrito di Putin” ed – infine – perché “galvanizzerebbe la Nato” concedendo a Biden una sorta di via libera per dire “più armi, più accordi”.



Ma oltre alla tregua c’è anche una seconda (falsa) notizia che Orsini ci tiene a smentire e riguarda le voci che parlano di un “trasferimento massiccio di truppe russe dal Donbass a Kursk”, la regione russa occupata da Kiev e attualmente sotto il controllo dei miliari ucraini che sarebbe (a dir poco) stana visto che “non c’è un solo giorno in cui i russi non [conquistano] un nuovo villaggio”; elencando – tra gli altri – la caduta di Nju York, l’evacuazione di Selydove e l’imminente crollo di Prokrovsk.

Alessandro Orsini: “La guerra in Ucraina ha un esito ormai scontato”

Insomma, nonostante la disinformazione che galoppa, la realtà sul fronte – secondo Orsini – è chiarissima e ci parla di una guerra che è “entrata nella sua fase più ‘pazza’” con gli ucraini che “si stanno massacrando affinché Putin sposti le truppe (..) a Kursk, mentre i russi si stanno massacrando affinché Zelensky [le] sposti (..) nel Donbass”; e mentre entrambi gli eserciti avanzano in regioni diverse, rimane la fondamentale differenza che “l’Ucraina ha un piccolo esercito debolissimo, mentre la Russia [ne] ha uno grande e fortissimo”, con un esito che (purtroppo) “è piuttosto scontato”.



L’unica svolta concreta potrebbe arrivare dal fatto che “la Nato invii migliaia di soldati a reggere il fronte”, ma si tratterebbe solamente di una toppa cucita male perché in quel caso (forse ovviamente) la Russia getterebbe “migliaia di bombe atomiche e non mi sembra che le due cose si equivalgono”. In tutto questo, Orsini non ignora il preoccupante atteggiamento di molti leader intenzionali – e cita in particolare “Boris Johnson” – che chiedono alla Nato e agli USA di “autorizzare Zelensky a sparare i missili in profondità da Kursk” raggiungendo Mosca.

Se questo accadesse – ragiona lo storico – non passerebbe molto prima che Putin decida di sfoderare il suo arsenale atomico, perché esattamente come fu per gli USA che “non si arresero [dopo] l’attentato alle Torri Gemelle”, è illogico pensare che “la Russia si arrenda perché Zelensky colpisce Mosca con i missili della Nato” quando “è preparata a replicare persino ad un attacco con decine di bombe atomiche”.