“Ogni azienda crea un valore che è ben maggiore del suo solo fatturato”. E’ una regola dell’economia reale: la presenza di un’azienda, di un polo produttivo genera ricchezza, occupazione e sviluppo a favore della filiera in cui è inserita e del territorio che la ospita. Conferma in pieno la bontà di questa regola il caso Nestlé, azienda alimentare leader nel mondo e attiva in Italia dal 1875, contando oggi circa 4.300 dipendenti in 10 stabilimenti, oltre alla sede centrale di Assago, con un portafoglio di numerosi e conosciutissimi marchi: da Perugina a Buitoni, da Nescafé a Levissima, da Orzoro a Nesquik, solo per citarne alcuni.



A testimoniarlo è stato, a pochi mesi dalla sua nomina, Marco Travaglia, nuovo presidente e amministratore delegato Italia e Malta del Gruppo Nestlé: “Nel 2018 Nestlé Italia ha prodotto un valore condiviso di 3,65 miliardi di euro, pari allo 0,2% del Pil. Sono orgoglioso dei numeri che abbiamo sviluppato e di mostrare che la fiducia nelle imprese ripaga in crescita e sviluppo”.



Un’affermazione supportata da altri numeri di prim’ordine, presentati a Milano con la ricerca “Il Gruppo Nestlé crea valore per l’Italia” realizzata in collaborazione con Althesys per misurare il ruolo di driver che l’azienda gioca nel nostro paese. Per esempio, il volume d’affari calcolato sulla filiera è pari a 7,5 miliardi di euro, di cui 2,2 generati direttamente dal Gruppo, il che significa che ogni euro di valore prodotto dal Gruppo Nestlé in Italia ne genera altri 4,5 sull’intera filiera. Le ricadute dirette del Gruppo nel nostro Paese sono stimate in 797 milioni di euro, quelle indirette 1.771 milioni di euro, mentre quelle indotte 1.081 milioni di euro. Non vanno poi dimenticati gli oltre 200 milioni di euro di investimenti in innovazione, formazione, efficienza e ambiente, realizzati da Nestlé Italia nel triennio 2017-2019. Importante anche il contributo fiscale complessivo del Gruppo Nestlé in Italia: i 1.481 milioni di euro valgono lo 0,32% circa del totale delle entrate fiscali del nostro paese. Quanto all’impatto su fornitori e occupazione, il 74% dei fornitori di Nestlé è italiano, per un valore condiviso creato nel 2018 pari a 378,5 milioni di euro. E sempre nel 2018, analizzando l’intera filiera (clienti-fornitori-indotto), per ogni dipendente Nestlé si calcolano 6 posti di lavoro.



Alla luce di questi risultati, la mission, come ha ricordato Travaglia, è “continuare a investire in Italia e mantenere un forte radicamento sul territorio: l’Italia riveste certamente un ruolo di prima classe all’interno del contesto economico internazionale, ma c’è bisogno di maggiore fiducia verso le aziende per mantenere questo potenziale”.

“Tante sono le sfide che ci attendono” ha aggiunto Travaglia, che si è dichiarato “certo che Nestlé saprà continuare a valorizzare il nostro Paese e contribuire al suo sviluppo economico portando le nostre eccellenze in tutti e cinque i continenti”.

Nel prossimo triennio 2020-2022, per esempio, Nestlé Italia prevede di investire 50 milioni di euro con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita, contribuendo a creare un futuro più sano per le famiglie e con uno sguardo attento alla sostenibilità del pianeta. Il gruppo infatti si è impegnato ad avere entro il 2025 il 100% del packaging riciclabile o riutilizzabile e a raggiungere le emissioni zero entro il 2050. A livello italiano, intanto, sono stati già realizzati ingenti investimenti per l’innovazione e il 95% degli imballaggi è già riciclabile. L’Italia è stato il primo paese a raggiungere l’obiettivo di zero rifiuti inviati in discarica e anche l’utilizzo di energia e le emissioni di anidride carbonica hanno subìto un taglio del 23%.

Per Travaglia, il futuro si giocherà su tre ambiti. In primo luogo, si dovrà garantire un senso di marcia alla crescita maggiormente orientato alla sostenibilità del business; in secondo luogo, sarà sempre più necessario contribuire a rafforzare la corporate citizenship, in termini di qualità, sicurezza, sostenibilità, occupazione. Terzo ambito: la persona dovrà sempre più  essere al centro del progetto.

Non è mancata, infine, una stoccata dopo l’introduzione di sugar tax e plastic tax: “E’ triste vedersi penalizzati nonostante tutti gli sforzi che si stanno facendo per generare cambiamento, sembra quasi che non si voglia lasciare nemmeno il tempo necessario per farlo. Si pensa solo a imporre un costo aziendale, ma crediamo che così non si va nella direzione giusta”.