Il portavoce di Benjamin Netanyahu e quattro collaboratori sono finiti in carcere con l’accusa di aver fatto uscire documenti riservati, per la quale rischiano 15 anni di carcere. Il tribunale di Rishon LeZion ne ha dato notizia domenica, spiegando che avrebbe divulgato alla stampa, senza alcuna autorizzazione, documenti militari riservati che avrebbero potuto compromettere un accordo sul rilascio degli ostaggi detenuti a Gaza.



Tra gli arrestati ci sono anche membri dell’apparato di sicurezza israeliano, oltre appunto all’ex assistente del primo ministro di Israele. Lo Shin Bet, il servizio di intelligence interno, e l’esercito hanno aperto un’inchiesta, che si basa sugli scoop di due giornali, il London Jewish Chronicle e Bild, che a settembre avevano pubblicato due articoli basati appunto su tali documenti. Nel primo (screditato e poi ritirato) veniva descritto il presunto piano di Yahya Sinouar, leader politico di Hamas, per scappare da Gaza con gli ostaggi verso l’Egitto tramite il cosiddetto “corridoio Philadelphia“, che è una zona cuscinetto lungo il confine.



Nell’altro si parlava della strategia del leader di Hamas per bloccare i negoziati sul rilascio degli ostaggi e si basava su note provenienti proprio dai vertici del gruppo terroristico. Ma le informazioni, in parte false, a detta del tribunale israeliano hanno “minato la capacità delle agenzie di sicurezza di raggiungere l’obiettivo della liberazione dei rapiti“.

NETANYAHU, LA RICOSTRUZIONE DEL BIBILEKAS

Per ricostruire l’accaduto bisogna fare un passo indietro fino a settembre, con le strade di Tel Aviv piene di israeliani furiosi con Netanyahu, perché volevano che stringesse un accordo con Hamas per liberare gli ostaggi. La guerra andava avanti da 11 mesi e i risultati militari non erano soddisfacenti, perché Gaza non era sotto controllo, mentre l’indignazione montava nella comunità internazionale per le decine di migliaia di palestinesi uccisi. I due giornali rivelarono che Hamas stava fingendo di negoziare con Israele e si era organizzata per portare gli ostaggi in Egitto. Tali rivelazioni facevano leva su informazioni riservate, contenute in documenti militari, in particolare una confidenza raccolta da un capo di Hamas.



Il premier non si preoccupò di chiarire come avevano fatto i due giorni a fare quello scoop, anzi li lodò, del resto erano la prova che non si poteva trattare con Hamas e che bisognava continuare la guerra. I servizi interni, però, hanno avviato un’inchiesta segreta e due mesi dopo scoppia il BibiLeaks, per il quale ora quei cinque arrestati rischiano grosso. Ora il governo minimizza, perché l’ormai ex portavoce di Netanyahu non aveva incarichi delicati, eppure bisogna capire cosa sapesse proprio il premier, se ha dato lui il via libera per quel lavoro di manipolazione dell’opinione pubblica. Peraltro, Netanyahu è sotto processo per corruzione in tre casi diversi.

IL FORUM DEGLI OSTAGGI CHIEDE INDAGINE

In seguito alla notizia degli arresti, il Forum degli ostaggi, la principale associazione dei parenti delle persone tenute prigioniere nella Striscia di Gaza, ha chiesto che venga fatta luce su questa vicenda che getta altre ombre sul premier Netanyahu. “Le famiglie chiedono un’indagine su tutti coloro che sono coinvolti nel sospetto di sabotaggio e di aver minato la sicurezza dello Stato. Tali azioni in generale e durante la guerra in particolare mettono in pericolo gli ostaggi, compromettono le loro possibilità di ritorno e li lasciano a rischio di essere uccisi dai terroristi di Hamas“, è riportato nel comunicato stampa diffuso dal Forum, che raggruppa la maggior parte delle famiglie dei 97 ostaggi ancora prigionieri a Gaza.