Tra gli aspetti da chiarire dell’intelligenza artificiale ce n’è uno che riguarda il consumo di energia, anche per l’AI generativa. Si tratta di quel tipo di intelligenza artificiale che genera testo, immagini, video, musica e altri media. Al momento non ci sono studi o ricerche scientifiche in grado di stabilire con esattezza quale impatto ha dal punto di vista energivoro o climatico questa nuova tecnologia. Quel che è certo è che gli algoritmi di apprendimento automatico, a differenza di altre architetture di calcolo, necessitano di un’elevata attività di elaborazione, nella quale si verifica uno scambio continuo di informazioni tra processore e memoria.
Lo spiega il Sole 24 Ore, riportando le stime e simulazioni degli ultimi mesi. Ad esempio, ci sono ricercatori secondo cui l’addestramento di ChatGPT-3 ha consumato 700mila litri di acqua e che una conversazione tra un chatbot e un utente medio equivalga al consumo di una bottiglia d’acqua. Altri studi, invece, si sono soffermati sui costi economici. Hanno, quindi, calcolato che ChatGPT costerebbe 700mila dollari l’anno solo di query. Di conseguenza, ci si interroga anche sulla sostenibilità ambientale ed economica dell’intelligenza artificiale generativa.
IL PROGETTO ITALIANO PER AVERE INTELLIGENZA ARTIFICIALE SOSTENIBILE
Ci si interroga anche su quale possa essere il modello di business migliore a livello di profitti per trasferire tale tecnologia a imprese, istituzioni e cittadini limitandone l’impatto energetico. Per questo motivo, ci si aspetta risposte da ricerca e università. L’obiettivo è trovare soluzioni che rendano l’addestramento dell‘intelligenza artificiale più efficiente dal punto di vista energetico. Una prima risposta arriva da Neho, progetto finanziato con tre milioni di euro per i prossimi tre anni dall’Ue e coordinato dall’IIT (Istituto Italiano di Tecnologia) di Lecce. Cristian Ciracì, leader dell’unità di Nanoplasmonica Computazionale dell’IIT di Lecce e coordinatore di NEHO, la missione è individuare una strada «per l’implementazione fisica, quindi non più virtuale, di una rete neurale artificiale che si basi sulla propagazione di fotoni». Anziché far girare un programma in un computer, «sarà quindi sufficiente far propagare la luce all’interno di un circuito». Si tratta di un approccio simile a quello di un cervello, «in cui un segnale si propaga da un neurone a più neuroni, e viceversa, in una rete aggrovigliata di parametri (determinata in questo casso dagli assoni di goni neurone ndr) che ne determina il comportamento su larga scala». Questo comporta lo sviluppo di nuove reti neurali artificiali a basso consumo grazie alle proprietà dei semiconduttori. Il ricercatore evidenzia che i neuroni artificiali sono alla base di tutte le tecnologie di intelligenza artificiale. Trattandosi di programmi che girano su un computer, «l’operazione di training della rete è molto costosa sia in termini di tempo che in termini energetici». Pertanto, nei laboratori di ricerca pubblici e privati la sostenibilità dell’intelligenza artificiale generativa è ormai prioritaria.