Vi è una sola ragione per cui il famoso “medical drama” americano New Amsterdam una volta approdato sulla piattaforma Netflix ha ottenuto un successo (nella Top10 da quattro settimane) di gran lunga superiore ai modesti risultati raccolti quando apparve per la prima volta nel 2018 su Canale 5, in prima serata e in “chiaro”. E questa ragione non può che ricercarsi nel fatto che tutti abbiamo cambiato – per colpa, o in questo caso per merito, della pandemia – il nostro approccio ai temi della salute pubblica.



Anche in New Amsterdam le relazioni umane e sentimentali tra medici e pazienti, e tra gli stessi operatori sanitari, sono dominanti come in altre serie di successo (ER, Grey’s Anatomy, The Good Doctor, solo per fare qualche esempio). Ma a differenza delle altre serie tv dello stesso genere che hanno conquistato il grande pubblico in questi anni, in New Amsterdam c’è una costante attenzione a cosa fa la politica per proteggere la salute dei cittadini, in particolare quelli che non si possono permettere ricche assicurazioni. Così mentre le presidenziali del 2016 si infiammarono proprio sull’ObamaCare, nel gigantesco ospedale in riva all’Hudson va in scena la quotidiana battaglia tra le ragioni del budget e il primario impegno di garantire a tutti il diritto alla cura.



Questa “tensione politica”, che solo un paio di anni fa poteva sembrare forzata, o addirittura inopportuna in una serie tv, assume in questo periodo dunque un significato diverso. La pandemia ci ha fatto riflettere su quanto negligente è stato il nostro sistema in questi anni. Quante scelte sbagliate sono state compiute in nome della politica del “taglio dei costi” e della mera razionalizzazione dell’esistente.

Poco importa che il New Amsterdam sia il più grande ospedale pubblico di New York e non il piccolo ospedale di Codogno. Oggi sappiamo quanto sia importante occuparsi di politica sanitaria, come sia centrale nelle scelte politiche che compiamo.



La storia ha inizio quando il giovane e visionario dottor Max Goodwin viene nominato a sorpresa nuovo direttore sanitario dello storico ospedale pubblico della città. Arriva al nuovo impegno dopo aver trasformato un piccolo e dimenticato ospedale di Chinatown in un’eccellenza cittadina. L’approccio è di rottura rispetto alle gestioni passate. Valga per tutte la scelta di licenziare l’intero reparto di cardiochirurgia (che bada solo alle parcelle) e di nominare primario un giovane chirurgo di colore fino ad allora tenuto ai margini. Richiamare in servizio la dottoressa Sharp, perennemente in giro perché destinata alla raccolta fondi in tv. Riorganizzare il pronto soccorso intorno all’instancabile dottoressa Bloom. Così tra lo scetticismo dei membri del consiglio di amministrazione, il giovane Goodwin conquista in poche settimane la stima dei colleghi. Cambia il clima intorno all’ospedale che passa dal probabile fallimento a trovare finanziatori e a diventare un punto di riferimento dei malati più poveri della città.

La serie è stata prodotta dalla NBC su un’idea di David Schulner, ed è andata in onda negli Usa nel settembre 2018, in piena era Trump. Tratta dal libro autobiografico Twelve Patients: Life and Death at Bellevue Hospital del dottore Eric Manheimer (anche lui malato come Max), la serie è girata in diversi ospedali newyorkesi essendo ovviamente il New Amsterdam un ospedale di fantasia.

Ryan Eggold (The Blacklist) interpreta il giovane Max Goodwin. Janet Ruth Montgomery (This is Us) è la giovane dottoressa Lauren Bloom primaria del pronto soccorso e Freema Agyeman (Doctor Who, Law & Order UK, Sense8) interpreta la primaria di oncologia Helen Sharpe. Una segnalazione merita anche l’attore canadese Tyler Sean Labine nei panni del dottor Iggy Frome, il primario del reparto di psichiatria, fuori dagli schemi e in grande sintonia con le scelte del dottor Goodwin.

La seconda stagione, come la prima, è stata trasmessa sempre su Canale 5 un anno fa, ma ora non è più disponibile. Gli appassionati dovranno attendere ancora qualche mese per poterla guardare su Netflix (non abbiamo ancora una data precisa). La terza stagione invece è in produzione e inevitabilmente ci parlerà di pandemia.

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