Cattolici protagonisti nella trasformazione politica dell’Egitto, che sta attraversando un periodo tra luci e ombre. Lo spiega il patriarca Antonios Naguib, che sottolinea le luci della fine di un regime dittatoriale, basato sulla menzogna e sulla corruzione, e l’avventura di un popolo che sta elaborando un nuovo modello di Stato, distante tanto dalla teocrazia iraniana quanto dal secolarismo occidentale. Ma anche le contraddizioni di una elite che vuole la democrazia, mentre la maggioranza silenziosa appoggia gli estremisti, con le elezioni politiche che si avvicinano pericolosamente. La massima autorità dei cattolici egiziani, in tutto 250mila persone su 88 milioni di abitanti di cui 80 milioni di musulmani, interverrà oggi alla tavola rotonda del Meeting di Rimini. Ilsussidiario.net lo ha intervistato in anteprima.
Il titolo dell’incontro cui parteciperà è “La bellezza, lo spazio del dialogo”. Quali realtà in Egitto rappresentano la bellezza di cui c’è bisogno per il dialogo?
Il titolo è lo stesso del Meeting del Cairo dello scorso ottobre. Un avvenimento storico, perché non era inimmaginabile che all’Università del Cairo, un’istituzione statale musulmana, si potesse organizzare un incontro che è nato ed è stato patrocinato dalla Chiesa cattolica. E’ stato scelto questo tema perché unisce tutti e dà un aspetto positivo alla visione della vita, della storia e dell’uomo e quindi avvicina a Dio, facendoci scoprire che anche il futuro può rimanere o diventare bello.
Nel corso dell’ultimo anno, quali sono stati i principali passi in avanti sulla via del dialogo tra musulmani e cristiani?
Un’occasione è stata fornita dalla nomina di Usama Elabd come nuovo presidente dell’istituto teologico di Al-Azhar, che è il “Vaticano” dei musulmani sunniti. Una delegazione cattolica si è recata da Elabd, per presentargli una nuova proposta per il dialogo interreligioso. Il presidente di Al-Azhar ci ha garantito il suo completo appoggio. Ultimamente stiamo lavorando insieme per rinforzare la dichiarazione del presidente di Al-Azhar, che la settimana scorsa ha rivolto un appello per la creazione di uno “Stato civile”. Lo abbiamo definito così, perché né ad Al-Azhar né a noi cattolici piace il termine Stato laico, che è una definizione meramente negativa e che contraddice Dio e il valore della religione.
In che modo l’Egitto può trovare un proprio modello per separare religione e politica, diverso da quello europeo?
Quello fornito da Europa e Usa è ben lontano dall’essere il modello per tutti i Paesi a maggioranza musulmana. In Occidente infatti la separazione tra religione e Stato arriva a quella che il Santo Padre ha definito “la dittatura della libertà”. E così in Europa tutti sono liberi, tranne i cristiani che non possono esprimere pubblicamente la loro fede. Ma che libertà è mai questa? Per non parlare del fatto che questo modello di Stato laico porta all’emanazione di principi e leggi contrarie alla morale naturale e a tutti i valori religiosi, sia cristiani sia musulmani. Non è certo questo ciò che vogliamo per l’Egitto, e quindi posso dire che non abbiamo nessun modello cui ispirarci. Neanche a quello della Turchia, dove per esempio lo Stato si rifiuta tuttora di riconoscere l’entità della Chiesa cattolica e di tante altre realtà religiose, proprio in nome della separazione tra religione e politica. Tanto è vero che i cristiani in Turchia dal 10/12% sono diventati meno dell’1%.
Qual è quindi la vostra idea di Stato?
Quello che elaboreremo sarà uno Stato moderno, cioè basato non sulle appartenenze religiose, bensì sulla legge, sulla cittadinanza, sull’uguaglianza e sulla libertà regolata dalla legge. Vogliamo quindi uno Stato che non elimini i valori religiosi, ma che li riconosca per ogni gruppo secondo la sua fede. Vogliamo libertà di culto, di coscienza e di scelta, includendo il riconoscimento dei valori religiosi nella vita pubblica.
I cattolici in Egitto sono una minoranza nella minoranza. Che cosa possono fare per il futuro del Paese?
Fanno già molto e speriamo di continuare a fare sempre di più. L’impatto di questa piccola minoranza è molto forte, ed è dovuto all’impegno della Chiesa cattolica nel campo dell’educazione, tanto è vero che abbiamo le migliori scuole, tanto è vero che una parte significativa delle elite musulmane sono state formate da insegnanti cattolici. Ma siamo molto attivi anche in altri due campi: le istituzioni per lo sviluppo, come la Caritas, e le nostre opere caritative. Inoltre, a differenza di tutte le altre appartenenze religiose anche cristiane, i cattolici hanno un’apertura ecumenica e interreligiosa che rende particolarmente preziosa la loro presenza nella società.
Fino a che punto è fiducioso e fino a che punto preoccupato in vista delle prossime elezioni?
Sono fiducioso perché ci sono molte persone convinte dei principi dello Stato civile, della libertà e della democrazia. Ma questa rimane la visione e il pensiero delle elite, che è molto lontana dalla base e dalla massa. Quest’ultima spesso è estremista, cioè unilaterale, incentrata esclusivamente sulla Sharia islamica e sulla legislazione coranica, che secondo loro dovrebbe essere la base di tutto. Siamo lontani dal poter assicurare un domani basato sulla visione delle elite, se lasciamo fare al voto ordinario della massa. E’ questo ciò che mi preoccupa.
Dopo che musulmani e cristiani hanno fraternizzato in piazza Tahrir, nel corso di un’intervista lei ha dichiarato “è qualcosa di veramente meraviglioso”. Ripeterebbe quella frase, o il suo giudizio è cambiato?
La ripeterei sempre. Nel corso di altre interviste, mi hanno chiesto: “Voi cristiani non eravate più sicuri e protetti al tempo di Mubarak? Non rimpiangete come stavate prima?”. E la mia risposta è ogni volta: “Assolutamente no”. Avvenga quel che deve avvenire, ma che ci sia stata una fine di un regime basato su tanta corruzione, dittatura e menzogna è sempre una riuscita e una cosa positiva che rimarrà sempre positiva nella storia dell’Egitto. E speriamo che quello che verrà in futuro sia sempre ugualmente positivo.
(Pietro Vernizzi)