Niall Ferguson, storico e saggista, ha parlato sulle pagine del Corriere dell’evoluzione della guerra tra Ucraina e Russia. Secondo l’esperto, il conflitto potrebbe terminare. Ci sono infatti due motivazioni che fanno credere che i russi sospenderanno i bombardamenti cominciati lo scorso 24 febbraio: “Ci sono due ragioni per pensare che la fine è in vista e una ragione per pensare di no. Le ragioni per il primo scenario sono che i russi chiaramente hanno un problema: la misera performance delle loro forze e le pesanti perdite subite, cui si aggiungono problemi logistici difficili da risolvere. Dunque l’annuncio che si focalizzano sul Donbass non è stata una sorpresa. La seconda ragione è che Zelensky continua a segnalare la volontà di trovare un accordo basato sulla neutralità dell’Ucraina: questa è solo una delle questioni, quelle territoriali sono più difficili da risolvere, perché ogni giorno che passa il successo della resistenza ucraina fa scendere la volontà di fare concessioni ai russi. Ma Zelensky ha detto più volte di escludere l’ingresso nella Nato e di essere aperto alla neutralità, con garanzie di sicurezza”.
La motivazione che invece spinge a pensare che la guerra non terminerà risiede negli USA: “Il problema sono gli Stati Uniti: perché l’Amministrazione Biden si è imbarcata in una strategia che punta a prolungare a la guerra, nella convinzione che questo porterà a un cambio di regime in Russia. La cosiddetta gaffe di Biden non era affatto una gaffe: membri dell’Amministrazione hanno più volte indicato quella che chiamo la strategia cinica ma ottimista di prolungare la guerra e aspettare che le sanzioni facciano cadere Putin. Trovo però questa strategia straordinariamente rischiosa e pensata male. Se gli Usa adoperassero la loro influenza sia su Ucraina che Russia per spingere a un cessate il fuoco, allora accadrebbe: e tuttavia l’Amministrazione Biden non sembra coinvolta nella diplomazia”.
Guerra Ucraina-Russia, parla Niall Ferguson
Al termine del conflitto, Putin perderà il potere in Russia? Secondo Niall Ferguson, non sarebbe la musica più corretta. Infatti, minacciando il capo del Cremlino di perdere la presidenza, crescerebbe il pericolo che agisca con armi nucleari: “Se minacci Putin con un cambio di regime, le probabilità che ricorra a misure disperate per evitare la sconfitta crescono: e quelle misure disperate includono l’uso di armi nucleari. Lui non è Saddam o Gheddafi: ha un arsenale nucleare più vasto di chiunque al mondo ed è incredibilmente irresponsabile parlare apertamente di cambio di regime in queste circostanze. Putin deve essere portato al tavolo dei negoziati: dobbiamo sfruttare il fatto che è in difficoltà, non incoraggiarlo a prendere misure disperate”. Un cambio di regime non cambierebbe le carte in tavola: “Anche assumendo che il risultato fosse di nostro gradimento, a beneficiarne sarebbe la Cina. Tutta la strategia americana è basata su un profondo e strategico errore di calcolo che mi rende molto nervoso per le prossime settimane”.
La conseguenza, dunque, potrebbe essere certamente una partizione dell’Ucraina? Come spiega l’esperto, sarà sicuramente un Paese non NATO ma sostenuto dall’Occidente: “Non vogliamo una Ucraina dell’Est e una dell’Ovest, non vogliamo ripetere l’esperienza della Germania o della Corea: la divisione della Corea non ha creato una situazione stabile. Dobbiamo pensare all’Ucraina come a una sorta di Israele in Europa dell’Est: non membro della Nato, ma sostenuta dall’Occidente abbastanza da scoraggiare future aggressioni. Se però la guerra continua, c’è il rischio che la Russia conquisti più territori prima che divenga impossibile per Putin proseguire le ostilità: la ragione per un cessate il fuoco immediato è che dobbiamo capitalizzare la vittoria morale dell’Ucraina”. Il modello di neutralità potrebbe essere quello della Finlandia: “È l’esempio più ovvio: ha funzionato come una società aperta e democratica nonostante fosse neutrale e dovesse essere in buoni rapporti con l’Urss”.