Nella seconda giornata del processo per la morte di Niccolò Ciatti, a Girona, si prosegue con le testimonianze difficili e ricche di emozione dei genitori. In Aula non solamente Cinzia e Luigi ma anche le mamme dei due ceceni accusati della morte del giovane fiorentino, ucciso con un calcio alla testa in discoteca probabilmente dopo un litigio. Mamma Cinzia, al Corriere della Sera, racconta di non aver trovato un minimo di empatia negli sguardi delle due donne: “Le ho guardate, passo dopo passo, ho cercato nei loro occhi un’espressione di pietà, un segno di empatia ma sembravano statue che camminavano. E allora ho pensato che cosa avrei fatto io se fossi stata al loro posto”.



La signora Cinzia prosegue: “Io avrei agito da madre, avrei unito la razionalità al sentimento. E allora mi sarei avvicinata a quella mamma che aveva perso il figlio più straordinario che il Cielo le potesse regalare, e le avrei chiesto perdono. Avevano solo occhi per i loro figli. Il resto del mondo non sembrava esistere. La disperazione di una madre alla quale avevano assassinato un figlio era nelle loro menti qualcosa di inesistente. C’erano solo loro, gli altri non esistevano”.



Niccolò Ciatti, parla mamma Cinzia

Cinzia Azzolina, mamma di Niccolò Ciatti, è affranta dopo l’ennesima prova di coraggio. Ma la forza arriva proprio dalla ricerca della giustizia: “Credo nella speranza, altrimenti non sarei qui ad affrontare un calvario indicibile. Ricordare quei momenti ci trafigge il cuore ma la speranza ci aiuta. Il ricordo di Niccolò, che è ancora con noi in ogni momento e al quale continuo a parlare, ci rafforza. È una battaglia dolorosa ma dobbiamo combatterla. La giustizia non può chiudere gli occhi davanti al video che ritrae gli ultimi istanti di vita di mio figlio e i suoi assassini che lo massacrano. Niccolò era un ragazzo dolce, sereno, tranquillo, innamorato della vita. Lo hanno ucciso a tradimento violenti aguzzini”.



I ceceni si difendono raccontando che c’è stata una rissa, ma mamma Cinzia puntualizza che non è affatto così. “Non c’è stata alcuna rissa in quella discoteca, solo un agguato. I ceceni che hanno ucciso Niccolò non avevano neppure un graffio, la minima ecchimosi: mio figlio è stato la vittima sacrificale. Lo avevo sentito il giorno prima della sua morte. Era, felice, mi aveva detto di stare tranquilla. Io e mio marito eravamo in montagna. Alle 5 del mattino del 12 agosto del 2017 è arrivata la telefonata che ci avvertiva che nostro figlio stava male. Ci siamo messi in viaggio verso la Spagna. Speravamo di portarlo a casa vivo e invece siamo ancora qui a piangerlo e a chiedere giustizia”.