Niccolò Fabi canta paure e fragilità in un mondo, quello social, che invece ci impone bellezza e ottimismo. Ma il dolore è una stanza segreta che il cantautore non ha paura di aprire. I concerti diventano così sedute di psicoanalisi, del resto la musica l’ha aiutato a superare la sofferenza per la morte della figlia, scomparsa a due anni per una meningite fulminante. Lo spiega a “7”, il settimanale del Corriere della Sera. «Ha dato un senso profondo a quell’esperienza di vita. Ha collocato quell’esperienza in un ambito che non è più personale, mi ha dato la possibilità di non far rimanere il dolore chiuso in una stanza». In quel racconto doloroso Niccolò Fabi vede «il riflesso benefico che ha questo racconto in tutte le persone che condividono o hanno condiviso quella medesima paura». Non sempre però è salvifico affrontare quel dolore ogni sera, anzi a volte è complicato per il cantautore 51enne riaffacciarsi davanti a quella porta. «Per riraccontarla e comunicarla emotivamente devo riviverla tutte le sere. Non puoi cantare quelle canzoni in maniera casuale, pensando ad altro: non succede niente se non c’è una passione reale, in senso quasi cristologico».



NICCOLÒ FABI LONTANO DALLA TV “IO VOGLIO SCOMPARIRE”

Per Niccolo Fabi i suoi concerti diventano faticosi, ma ora sono quelli che si avvicinano di più ai suoi gusti. E non è una coincidenza il fatto che questa tournée abbia raccolto più spettatori del solito. «Di solito gli artisti che vogliono fare quello che piace a loro, difficilmente allargano la platea. E invece a me è successo il contrario: più mi avvicinavo al mio gusto personale, più vedevo le persone aumentare». La sua fragilità è dunque diventata una forza, come racconta al settimanale del Corriere della Sera. Parlando invece della musica e di come lui la vive, Niccolò Fabi ci tiene a precisare che Sanremo e X Factor, ad esempio, sono realtà molto lontane dalle sua dimensione. «La musica in televisione mi affascina sempre di meno, mi sento tanto lontano da quel tipo di racconto, da quello che esce fuori della musica da quei contesti, dove c’è una ragione televisiva che comanda le scelte artistiche». La tv va in una direzione diversa dalla sua: «Ti mette in luce ed è molto centrata sulla narrativa delle persone, che è esattamente il contrario di ciò che voglio io, scomparire. Con la mia timidezza non ci sto bene. Nel concerto ci sto il giusto, divento strumento di altro: ho un altro tipo di vanità».

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