Già da qualche giorno erano in circolazione due singoli, Io sono l’altro e Scotta, che ci hanno dato un assaggio dell’album in uscita Venerdì 11 ottobre, dal titolo “Tradizione e tradimento”. Niccolò Fabi ha illustrato meglio il suo nuovo lavoro e la fase che lo ha preceduto e da cui è stato generato, rispondendo alle domande di un folto manipolo di giornalisti presso Il Giardino Blu, accogliente locale, Milano, Zona Lambrate.
Dopo l’osannatissimo (a ragione) e al tempo stesso personalissimo ed intimo Una somma di piccole cose, l’artista aveva manifestato il desiderio di allontanarsi da quello che aveva fatto fino a quel momento, ritenendo il succitato album una vetta difficilmente raggiungibile di nuovo negli stessi termini. Scatenando peraltro una piccola tempesta sui social: evidentemente si è ormai talmente poco avvezzi a leggere i post nella loro interezza che si intende una sosta temporanea come un abbandono definitivo, con tutto quello che ne consegue. Mala tempora currunt…
Ma torniamo al succo: Niccolò ammette di essersi voluto allontanare dalla forma di comunicazione cantautorale a lui più consona – riassumiamo riducendo “chitarra e voce” – per avvicinarsi ad un ‘luogo diverso’, più freddo, una maniera di raccontare meno sentimentale, più sperimentale. L’artista ammette sinceramente che nella scrittura dei brani per l’album questo ha funzionato veramente solo in un caso, la canzone Amori con le ali, scritta realmente a quattro mani con Costanza Francavilla, amica d’infanzia e musicista elettronica di stanza ad Ibiza, dove la canzone ha visto la luce.
L’arpeggiatore del Juno 60 e la chitarra acustica hanno raggiunto l’alchimia che in altri tentativi non è stata raggiunta, e Fabi stesso descrive la sua esplorazione come un giro del palazzo che lo ha fatto accorgere che il portone di casa non era poi così male!
In realtà, all’ascolto dell’album si avverte un apporto dell’elettronica discreto ma presente, a dare un metronomo e una ambientazione leggera a tutti i pezzi. La collaborazione poi degli amici e collaboratori di una vita Roberto Angelini e Pier Cortese hanno fatto intraprendere quella “strada per tornare” citata anche nel testo dei Giorni dello smarrimento, altro brano portante dell’album insieme ai due citati singoli, il brano di apertura Scotta, serie di spiragli che lasciano filtrare sprazzi di infinito (“la potenza dell’eterno dentro il quotidiano”) e Io sono l’altro, per il quale, insieme all’autore, occorre spendere più di due parole.
Ci tiene Niccolò a rivendicare il ruolo delicato dell’arte, che non deve essere cronaca o assoggettarsi all’una o all’altra ideologia. Questa canzone è una lista di fotografie, a partire dal desiderio di capire gli altri, non di raccontare l’altro a partire dalla cronaca o da qualche altisonante proclama, operazione che sarebbe riduttiva, dice l’autore. Un tentativo di provare ad entrare nella maniera di pensare dell’altro, senza retorica.
Mentre Fabi parla, mi viene in mente una canzone del cantautore americano Sufjan Stevens in cui provò ad entrare nella mente di un pluriomicida, John Wayne Gacy Jr. (che peraltro è anche il titolo della canzone, così potete trovarla facilmente), non per senso del macabro, ma per arrivare alla fine a riconoscere che il male lo possiamo fare tutti.
Non dimentica di ricordarci, Niccolò, verso la fine della lunga e intensa chiacchierata, di essere un cantautore, cioè uno che fa canzoni, attribuendo quindi alla musica valore paritetico rispetto alle parole. Da sempre noi musicisti apprezziamo lo spazio che Fabi lascia ai musicisti che lo accompagnano, soprattutto nelle lunghe code dei brani, che non sono riempitivi ma pezzi sostanziali della comunicazione, della narrazione non solo verbale, per l’appunto, ma anche (e soprattutto?) musicale. Avviene qui nella pluricitata Scotta, come pure avveniva anni fa nella bellissima Mettere le ali, con un riff ostinato sul quale il grande Agostino Marangolo ci regalava e ci regala al riascolto) pura poesia batteristica.
Ma torniamo anche noi a casa per chiudere: menzione particolare – a mio gusto – per la perla finale, traccia 9 dell’album, Tradizione e tradimento, ruvida chitarra acustica su sottile linea a matita di elettronica, sorta di bussola a ritroso per rileggere tutto il percorso appena fatto e ripartire per il viaggio. “A sort of homecoming” si potrebbe dire con gli U2, un ritorno a casa che al contempo è un ulteriore passo nell’espressione artistica di uno dei cantautori più intensi della scena italiana, che viene voglia di ascoltare, oltre che sull’album, nuovamente dal vivo nel tour teatrale che partirà agli inizi di dicembre.