Niccolò Patriarchi è stato condannato a 20 anni di carcere per l’omicidio del figlio di un anno. La tragedia avvenne durante una lite in famiglia, il 17 settembre a Scarperia (Firenze). Lo ha deciso il gup di Firenze nel processo celebrato con rito abbreviato. L’uomo è stato invece assolto dall’accusa di tentato omicidio della figlia di 7 anni «perché il fatto non sussiste». Invece è stato condannato per il tentato omicidio della moglie, rimasta ferita gravemente dopo l’aggressione che portò alla morte del figlio di un anno. La Procura però aveva chiesto la condanna all’ergastolo per il 34enne, difeso dagli avvocati Federico Bagattini e Caterina Manni. A Niccolò Patriarchi, come riportato dal Corriere della Sera, è stata riconosciuta l’attenuante della seminfermità mentale, che è stata equiparata alle aggravanti dell’aver agito per futili e abietti motivi, della crudeltà, dell’aver commesso il fatto a danno di un minore e davanti all’altra figlia minorenne. La pena finale era stata calcolata in 30 anni, ma è stata ridotta a 20 con lo sconto di un terzo previsto dal rito abbreviato.



UCCISE FIGLIO A COLTELLATE, NICCOLÒ PATRIARCHI CONDANNATO A 20 ANNI

Con la sentenza di condanna il gup di Firenze ha disposto anche una provvisionale di 180mila euro nei confronti delle parti civili. I legali di Niccolò Patriarchi hanno dichiarato che non possono essere soddisfatti visto che si parla della morte di un essere umano, «a maggior ragione se si tratta di un bambino», ma a proposito della condanna hanno detto che «sia stata una sentenza equilibrata, e che ha fatto buon governo delle risultante processuali». Gli avvocati difensori hanno anche annunciato che faranno ricorso in appello per chiedere la totale infermità. L’avvocato Massimiliano Annetta, legale della madre e dei familiari del bambino, hanno invece lanciato un appello alle istituzioni. «I familiari non vedranno un euro a causa dell’incapienza dell’imputato, lo Stato italiano si faccia carico del risarcimento». Il legale ha ricordato che la madre del bimbo ucciso ha perso l’uso del braccio nel tentativo di difenderlo dalle coltellate, quindi non potrà più lavorare. Intanto prosegue l’iter del ricorso presso la Corte europea dei diritti dell’uomo presentato contro lo Stato italiano, accusato di aver violato il diritto alla vita, perché non è stato in grado di prendere le misure necessarie per la protezione dei suoi cittadini.

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