Sono passati 28 anni dalla morte del figlio Nicholas Green, ucciso a 8 anni nel corso di una tentata rapina sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria. Era in vacanza in Italia col padre Reginald, la madre Margaret e la sorellina Eleanor. Proprio i genitori autorizzarono la donazione, che all’epoca non era così diffusa. Contribuirono così a cambiare la storia dei trapianti in Italia, che era pecora nera in Europa, mentre ora ha una delle più alte percentuali al mondo. «Dopo aver sentito come la donazione degli organi di Nicholas abbia salvato la vita di 5 persone e preservato dalla cecità altre 2, gli italiani hanno triplicato le donazioni nei successivi dieci anni, salvando migliaia di vite», ha raccontato al Fatto Quotidiano il papà del bimbo ucciso il 29 settembre del 1994.



Diventati un esempio di impegno civico, i genitori di Nicholas Green hanno più volte incontrato le persone che hanno ricevuto gli organi del figlio. «Gli incontri sono stati tra le esperienze più appaganti che abbiamo avuto. Loro hanno visto che non siamo risentiti del fatto che siano vivi solo perché nostro figlio è morto. E noi abbiamo visto come la nostra decisione ha trasformato la loro vita». Tutto ciò non toglie l’amarezza sul fronte della giustizia.



“NON ABBIAMO MAI CERCATO VENDETTA”

«Non abbiamo mai cercato vendetta, solo l’applicazione della legge», ha voluto sottolineare Reginald Green. Ma ha fatto anche notare che l’uomo che guidava, condannato a 20 anni di carcere, ha scontato la pena ed è libero. «Quello che ha sparato il colpo è diventato un collaboratore di giustizia, ha ottenuto gli arresti domiciliari, ha avuto due figli, una vita buona». Nell’intervista al Fatto Quotidiano, dunque, l’uomo non esprime giudizi: «Lascio agli italiani il compito di decidere se questa è una punizione sufficiente per aver ucciso un bambino innocente».



Per quanto riguarda la questione del perdono, Reginald Green ha rimarcato che il rimorso deve essere vero e bisogna fare di tutto per rimediare ai propri crimini. In ogni caso, l’amore per l’Italia non è mai venuto meno: «Ho sempre amato l’Italia, fin dalla prima volta che sono venuto qui, negli anni Cinquanta. A uccidere mio figlio sono stati due criminali, non gli italiani: avrebbe potuto succedere ovunque. Tutte le persone che poi abbiamo conosciuto avrebbero fatto di tutto per salvare mio figlio. L’amore che avevo per l’Italia rimane forte».