Nicola Gratteri, Procuratore capo di Napoli, è intervenuto nella trasmissione Timeline di Rai 3, dove ha parlato delle deriva sempre più social che mafia e ‘ndrangheta stanno prendendo, ovviamente al fine di fare più affiliati possibili, specialmente tra i giovani più facilmente plasmabili con false promesse. Oggi infatti, spiega il procuratore, “le mafie usano i social come in passato usavano il calcio o le processione dei santi”.



In passato questi ernano modi, spiega Nicola Gratteri, “per esternare il loro potere“, perché “le mafie per esistere hanno bisogno del consenso popolare e di rapportarsi con il popolo e hanno bisogno di pubblicità esattamente come un’azienda”. Nel ‘900, ricorda ancora il procuratore, “non c’era niente nel paese e compravano le squadre di calcio” con lo scopo di “farsi vedere, allo stadio, seduti davanti alla popolazione. Stessa cosa le processioni, farsi vedere vicino al prete, vicino al Vescovo, farsi vedere generosi con la chiesa”. Quella, sottolinea Nicola Grattieri, “era la pubblicità del ‘900. Oggi con l’avvento di Facebook i primi ad usare i social sono stati i cartelli messicani, che oltre a esternare il potere, riuscivano a comunicare e scambiare messaggi anche con gli altri cartelli”.



Nicola Gratteri: “TikTok oggi è la vetrina delle mafie”

“In Italia”, continua a spiegare Nicola Gratteri, ad usare i social per prima sono stati “i camorristi. I figli dei camorristi o la terza generazione di camorristi che sono al 41bis, iniziato ad usare Facebook”, mentre oggi l’attenzione è concentrata “più su TikTok“. Il social cinese, spiega il procuratore, “è la vetrina anche delle mafie. Si fanno vedere ricchi, vestiti firmati, luccicanti, con orologi d’oro, con tanti soldi in mano e dicono ‘noi siamo il nuovo modello, siamo ricchi e potenti. Vuoi diventare come noi? Vieni con noi'”. Pubblicità, sintetizza Nicola Gratteri, che fa presa soprattutto sui “giovani che non sono strutturati mentalmente, che non sono stati aiuti nella crescita, formazione e scelta della loro vita, si trovano avviluppati, pensando che quello è il loro futuro”. Ma per le mafie, conclude il procuratore, usare TikTok “è anche una sfida alle istituzioni, un modo di esternare arroganza. È la mafia di oggi ed è un fenomeno in continua espansione”.

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