«Se tutti quanti si dichiarano vincitori, qualche problema c’è. Non dovevano esserci polemiche e costruire un testo condiviso e, soprattutto, un ex ministro di giustizia e tanti miei ex colleghi non dovevano usare parole di fuoco nei confronti del primo testo che è stato sottoposto alla politica»: così Nicola Morra a Coffee Break sull’intesa raggiunta sulla riforma della giustizia.

L’ex M5s ha poi elencato quali sono le criticità a suo avviso: «Ci manca un testo: ad oggi non c’è un testo ma semplicemente anticipazioni giornalistiche. Poi è stata considerata una grande conquista l’esclusione dalla riforma di alcuni procedimenti penali che dovranno decidere in merito ad alcune ipotesi di fattispecie penali gravissime come i reati di mafia. Però si è precisato che è una facoltà che va argomentata e nei confronti di questa argomentazione c’è la possibilità di impugnazione, quindi dobbiamo sempre attendere tutto».

NICOLA MORRA SULLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA

Nicola Morra ha poi messo in risalto un dettaglio: «Noi tutti abbiamo aspettativa per la sentenza definitiva, con la riforma Cartabia del processo penale viene escluso uno dei tre anelli di cui si compone la catena del processo, cioè il primo grado, e avremo l’esito paradossale per cui un procedimento potrà concludersi dopo 18-20 anni perché buona parte del tempo viene assorbito dal primo grado e poi si rispettano i tempi dell’improcedibilità nell’appello e nella Cassazione. Bisognava intervenire con una valutazione di sistema e con una valutazione sui singoli gradi di processo». Nicola Morra, successivamente, ha acceso i riflettori sulla mancata depenalizzazione: «Io sono convinto che non si sia avuto il coraggio di fare una forte operazione di depenalizzazione: anche con la riforma Cartabia faremo avviare processi per reati contravvenzionali. Basti pensare alla guida in stato di ubriachezza. I reati contro la PA oppure corruzione in atti giudiziari verranno esclusi. Concentrando abili strategie dilatorie in secondo o terzo grado avremo l’improcedibilità, quindi il fallimento di uno Stato di non arrivare a sentenza».