Nicola Piovani non è immune alle molteplici vittorie riscosse da Marco Bellocchio per il suo Il Traditore. Il compositore e Premio Oscar per la colonna sonora de La vita è bella di Roberto Benigni, regista un altro successo grazie al nuovo lavoro. Miglior Colonna sonora ai Nastri d’Argento 2019: segue a ruota il Globo d’Oro ottenuto pochi mesi prima nel corso della 59^ edizione della kermesse. Suo il compito di rendere perfette le atmosfere del film, fare da cornice alle molteplici situazioni che verranno raccontate da regista e attori in una Sicilia immersa negli anni Ottanta. “Ansiogena e incalzante nei momenti decisivi”, scrive il critico Caterina Sabato su Cinematographe, in grado di valorizzare al meglio la riflessione di Tommaso Buscetta sul da farsi, così come i suoi incubi notturni che con tormento e malinconia non lo abbandoneranno mai. La scelta di Piovani ricade su pochi brani e spaziano nel repertorio internazionale, segnando alcuni dei momenti fatidici della pellicola. Fra questi Historia de un amore, realizzato nel ’55 da Carlos Eleta Almaran e interpretato da Guadalupe Pinede, che nella prima parte del film segue da vicino l’arresto di Buscetta e della sua famiglia, a cui seguono le torture a cui verrà sottoposto il mafioso. “Il contrasto fra musica leggera e sequenza tragica rende appieno il pathos della scena”, scrive Sabato.
Nicola Piovani, Nastri d’argento: un omaggio all’Italia
Nicola Piovani trionfa ai Nastri d’argento e decide di rendere omaggio all’Italia grazie alla scelta di alcuni dei brani che compongono la colonna sonora de Il Traditore. Il Premio Oscar regala come commento al maxi processo contro Cosa Nostra un’opera lirica di Giuseppe Verdi o meglio l’aria Va, pensiero del suo Nabucco. Il coro fa da cornice alla condanna degli imputati come Pippo Calò, l’unico a sfidare apertamente Tommaso Buscetta ed a non mettere mai in dubbio il proprio operato. “Masino Buscetta sarà esule a vita dalla sua patria e morirà nel 2000 negli Stati Uniti”, scrive Caterina Sabato su Cinematographe, individuando un parallelismo fra il destino che colpirà il pentito e la disperazione degli Ebrei prigionieri in Babilonia, privati della patria a causa della conquista di Gerusalemme. Già simbolo indiscusso del nostro Paese, l’Italiano di Toto Cutugno non poteva che fare da perno a due dei momenti cruciali della pellicola di Marco Bellocchio. La canzone sottolinea l’orgoglio del popolo italiano, ma assume un sapore amaro quando viene accostata alle vicende narrate nel film. Nella finzione, il brano viene interpretato anche da un cantante americano in seguito al trasferimento in gran segreto di don Masino. Un espediente per svelare che la copertura del mafioso è saltata e che sarà costretto a sparire ancora una volta. Lo stesso ritornello verrà ripetuto tempo dopo da Calò durante il maxi processo contro Andreotti, scelto dal mafioso come sfottò per l’ex boss ormai infangato.