E’ la mental coach che ha cambiato il destino di Marcell Jacobs, diventato nel giro di pochi mesi l’uomo più veloce al mondo. Parliamo di Nicoletta Romanazzi, nelle librerie con “Entra in gioco con la testa”. Intervenuta ai microfoni de Il Giornale, ha parlato del suo percorso professionale ma anche del pregiudizio legato al suo mestiere: “C’è purtroppo ancora l’idea che se uno va dal mental coach è perché ha un problema o è debole e quindi non è in grado di risolvere le cose da solo. Invece è proprio il contrario”.
Secondo Nicoletta Romanazzi, chi si affida a un mental coach è coraggioso ed è disposto a mettersi in gioco. “Puoi essere la persona più talentuosa, puoi avere un potenziale pazzesco ma se la testa va in tilt nonn porti a casa il risultato”, ha spiegato l’esperta. La mental coach ha ripercorso la storia del suo rapporto lavorativo con Jacobs, iniziata un anno prima delle Olimpiadi, grazie al suo procuratore…
NICOLETTA ROMANAZZI E LA RINASCITA DI JACOBS
Jacobs aveva un grandissimo potenziale che però non riusciva a esprimere in gara, perché andava in tilt anche fisicamente. “Lui è venuto qui con il suo allenatore Paolo Camossi, mi hanno un po’ raccontato quello che succedeva, ho capito che se si scioglieva, avrebbe potuto tirare fuori grandi cose. Abbiamo iniziato”, ha ricordato Nicoletta Romanazzi. La mental coach ha aggiunto: “Aveva una gara proprio pochi giorni dopo il nostro incontro. Mi ha detto ‘guardami’. Mi ricordo che mi è arrivata una sensazione netta, ho visto un grande elastico dietro la sua schiena, come se fosse trattenuto. Lì ho pensato… mamma mia, se si taglia l’elastico vola. E così è stato”.
NICOLETTA ROMANAZZI E IL MONDO DEL MENTAL COACHING
Nicoletta Romanazzi ha spiegato che la figura del mental coach è ancora di nicchia, l’Italia è in netto ritardo rispetto ad altre aree geografiche, basti pensare all’America e al nord Europa. Jacobs non è l’unico atleta ad essersi rivolto ad un esperto: da Matteo Berrettini alle squadre di calcio. Lei stessa segue atleti del calibro di Luigi Busà, Viviana Bottaro, Matias Vecino e Mattia Perin. Nicoletta Romanazzi ha poi ripercorso i suoi primi passi nel mondo del mental coaching: “Per 9 anni ho lavorato in azienda, mi annoiavo mortalmente, mi sono fatta venire tutte le malattie psicosomatiche della terra. Poi sono nate le mie figlie, due gemelle e dopo poco anche la terza. Mi sono dedicata totalmente a loro”. Fintanto che ha frequentato corso di formazione sul raggiungimento degli obiettivo, scoprendo la figura del mental coach: “Ho capito che era una professione fatta apposta per me. Ho iniziato un percorso personale. Ho fatto tantissima formazione. Ho frequentato corsi e approfondito moltissime tecniche, dal respiro all’ipnosi, dal problem solving alla programmazione neurolinguistica, dalla sfera coaching al voice dialogue. Verifico gli strumenti su di me e se sono efficaci comincio ad utilizzarli”.