IL GIUDICE DELLA CORTE COSTITUZIONALE RACCONTA GLI ANNI IN CONSULTA DOPO LA FINE DEL MANDATO

Lo scorso 7 novembre è scaduto il mandato alla Corte Costituzionale della Presidente Silvana Sciarra e dei vicepresidenti Daria de Pretis e Nicolò Zanon: quest’ultimo in particolare, docente ordinario presso l’Università degli Studi di Milano, ha rappresentato per anni un unicum o quasi all’interno della Consulta per le sue posizioni conservatrici. Intervistato da “Libero Quotidiano”, l’ormai ex giudice costituzionale Zanon svela diversi retroscena sui lavori spesso mantenuti riservati all’interno del più importante organo giuridico e costituzionale del Paese.



Il tutto però con una promessa, sulla scia dell’esempio di un altro grande giudice costituzionale americano come Antonin Scalia: «Io penso che un giudice costituzionale abbia un solo obbiettivo: difendere le scelte contenute nella Costituzione sulla quale ha giurato, anche se dentro di sé non le condivide». Da giovane ha partecipato al Fronte della Gioventù e alla Nuova Destra di Tarchi, senza pentirsi di nulla per un passato di destra che ha sempre rivendicato come momento di crescita utile nella strada per combattere l’illegalità: pur da giudice conservatore, è stato un Presidente della Repubblica di origini comuniste come Giorgio Napolitano ad offrirgli la carica di membro della Consulta nel 2014.



NICOLÒ ZANON: “ECCO GLI SCONTRI PRINCIPALI SULLA BOSSI-FINE E SUL CASO REGENI”

Il bilancio dopo 9 anni di servizio costante nella Corte Costituzionale è del tutto positivo secondo Nicolò Zanon: «Mi sono rimaste impresse soprattutto le ferite, e quelle recenti bruciano di più. Mi vengono in mente due sentenze del 2023, sulle quali ho dissentito fortemente, ma invano». L’ex giudice costituzionale ricorda soprattutto le sentenze sul caso Regeni e sulla legge Bossi-Fini, raccontanti entrambi ai colleghi di “Libero Quotidiano”.

In merito alla sentenza sull’immigrazione, Zanon racconta di come la Corte abbia dichiarato incostituzionale l’automatismo ostativo tra rinnovo del permesso di soggiorno e condanna per reato di spaccio o commercio di merce contraffatto: «Nel 2008 un chiarissimo precedente della stessa Corte costituzionale aveva stabilito che una tale scelta legislativa non è affatto irragionevole, perché è facoltà del legislatore stabilire quali sono le regole che consentono la permanenza legale nel territorio dello Stato. La mia Corte, nel 2023, ha deciso in senso opposto a quella del 2008». Sul caso Regeni invece l’ex vicepresidente della Consulta racconta di non essere stato affatto d’accordo sul permettere la celebrazione del processo in assenza degli imputati, nonostante l’Egitto abbia in maniera «riprovevole» coperto gli agenti torturatori e assassini del giovane ricercatore universitario: «la nostra Costituzione, all’articolo 111, contiene una garanzia fondamentale, importantissima: in principio, il processo deve svolgersi in presenza dell’imputato, e in contraddittorio con questi. Capisco il desiderio di vedere a tutti i costi a processo gli autori di questo efferato omicidio, ma far ricadere sugli imputati la mancata cooperazione del loro Stato è un precedente pericoloso». Ma essere in disaccordo con il resto della Corte non è mica successo solo queste due volte, conclude Zanon: da esponente conservatore spesso si è trovato in dissenso con gli altri membri della Corte, addirittura confessa con ironia «mi è accaduto spesso di soffrire di solitudine in camera di consiglio». Il che non significa, secondo Zanon, l’intento opposto di “conquistare” ideologicamente la maggioranza della Consulta piuttosto occorre non permettere che diventi «un monolite culturale dedito alla realizzazione di ben determinate scelte di politica legislativa».