Nel pomeriggio di oggi è stato approvato dal Senato, in secondo lettura, il DDL proposto dal ministro degli affari regionali Roberto Calderoli con il quale si mira a realizzare l’autonomia differenziata. Un testo abbondantemente criticato, specialmente dall’opposizione e dalle regioni del Sud Italia, ma che ha ottenuto 110 voti favorevoli, a fronte di 64 contrari (Verdi-Sinistra, Italia viva, M5S e Pd) e 3 astenuti (Azione, ad esclusione di Mariastella Gelmini).
Ora, invece, il testo sull’autonomia differenziata dovrà passare nuovamente alla Camera per poi procedere al classico iter di approvazione delle leggi. La bozza che si è discussa oggi, inoltre, era quella licenziata dalla commissione affari costituzionali lo scorso 14 novembre, che vi aveva apportato alcune significative modifiche. Una di queste, in particolare, chiedeva di modificare l’articolo 4 del testo, con il quale si definivano le modalità per ottenere il trasferimento delle funzioni dallo Stato. Grazie ad un emendamento proposto da Fratelli d’Italia (primo firmatario Marco Lisei) l’articolo 4 del DDL Calderoli sull’autonomia differenziata è diventato una sorta di clausola ‘salva-unità nazionale‘ che mira a rendere più omogenea la distribuzione di fondi da parte dello Stato, sia nelle regioni autonome che in quelle statali.
Autonomia differenziata: le differenze apportate al DDL Calderoli
Due le modifiche principali che erano state richieste dalla commissione affari costituzionali al DDL Calderoli sull’autonomia differenziata. La prima, appunto, la clausola salva-unità nazionale, la seconda sulle materie oggetto di Lep, ovvero i Livelli essenziali delle prestazioni che dovranno essere rispettati. Il testo originale ne includeva 23 differenti, mentre Sabino Cassese aveva chiesto di ridurle a 15. È stato presentato un emendamento (Lega-FdI) che le riduceva ulteriormente a 14, ma sembra che sia stata approvata l’originale previsione di 23 materie Lep.
Tuttavia, a cambiare nel DDL Calderoli sull’autonomia differenziata è la questione dell’articolo 4. Ora, infatti, è previsto che l’avvio effettivo dei percorsi di autonomia, per le regioni che ne faranno richiesta, sarà subordinato allo stanziamento da parte dello Stato delle risorse necessarie affinché si raggiungano i Lep. Questo, però, non varrà solamente per le regioni che vorranno diventare autonome, ma anche per quelle che lasceranno le funzioni in mano allo Stato. In altre parole, non si potrà procedere in nessuna regione all’autonomia differenziata finché in ognuna delle regioni non vi saranno le risorse necessarie per raggiungere i livelli prestazionali minimi. In caso di extra costi per lo Stato si dovrà procedere a nuovi stanziamenti economici. Lo scopo, insomma, è quello di garantire a tutte le regioni, autonome o no, livelli prestazionali minimi equiparabili, rallentando l’iter dell’autonomia per chi farà richiesta.