L’ECOWAS APRE AL DIALOGO MA MUOVE ANCHE LE TRUPPE: LA RISPOSTA DEL NIGER È DURISSIMA

Nella riunione odierna ad Abuja, in Nigeria, il vertice della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas) ha deciso di tenere ancora aperti i canali diplomatici con i golpisti del Niger non avviando alcun intervento militare: di contro però, anche come possibile “deterrente”, i Paesi dell’Africa occidentale hanno mobilitato le truppe verso i confini del grande stato nel Sahel in attesa di una risposta dalla giunta militare del generale Tchiani. E quella risposta non si è fatta attendere.



«Se l’Ecowas interviene militarmente uccideremo il presidente Bazoum»: lo hanno fatto sapere i golpisti del nuovo Governo instaurato dopo il colpo di stato alla sottosegretaria di Stato Usa Victoria Nuland durante la sua visita nel Paese (a riferirlo sono poi stati due funzionari occidentali ad Associated Press). Dalla riunione dell’Ecowas intanto il presidente della Nigeria e attuale leader di turno della Comunità, Pola Tinubu, sottolinea «Confido che le nostre deliberazioni saranno produttive e fruttuose, portandoci a trovare una soluzione amichevole alla crisi politica in Niger. Mentre continuiamo a lavorare insieme in solidarietà e armonia, possiamo garantire un futuro prospero per l’intera regione dell’Africa occidentale». La mobilitazione delle truppe però resta una minaccia notevole per la giunta in Niger tanto che agli appelli di ONU e Usa per liberare Bazoum la risposta è stata quella agghiacciante di cui sopra: «sono molto preoccupato per le deplorevoli condizioni in cui, secondo quanto riferito, vivono il presidente Bazoum e la sua famiglia mentre continuano ad essere detenuti arbitrariamente da membri della guardia presidenziale in Niger», ha commentato in giornata il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, «chiedo con urgenza il loro rilascio incondizionato e il rigoroso rispetto degli obblighi internazionali in materia di diritti umani del Niger».



I GOLPISTI IN NIGER ANNUNCIANO IL NUOVO GOVERNO

Mentre lo spazio aereo resta chiuso e mentre hanno nuovamente rifiutato l’ipotesi di una missione di pace ONU-Ecowas, i golpisti in Niger hanno annunciato nelle scorse ore la formazione del nuovo Governo a seguito del colpo di stato avvenuto lo scorso 26 luglio con la deposizione (e l’arresto) del presidente Bazoum. Il generale Abdourahamane Tchiani ha letto in diretta tv a reti unificate in Niger i 21 membri del nuovo governo militare, annunciato strategicamente poco prima del cruciale vertice della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas) che si terrà oggi.



Il primo ministro nominato è Ali Mahaman Lamine Zeine mentre gli altri 20 ministri sono stati scelti quasi tutti tra i vertici militari del Niger che hanno portato avanti il golpe nelle scorse settimane: in particolare, alla Difesa e agli Interni sono stati nominati entrambi generali del Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria (Cnsp). Nel frattempo i golpisti nelle scorse ore hanno accusato la Francia e i «complici occidentali» di aver violato lo spazio aereo del Niger: non solo, vengono anche accusati di aver lanciato un attacco contro una postazione della guardia nazionale a Bourkou Bourkou, vicino alla miniera d’oro di Samira. «La Francia ha un piano di destabilizzazione del Niger», ripetono da Niamey e per questo sono stati innalzati i livelli di allerta per un possibile intervento militare dell’Occidente. Di contro Parigi con Macron ha replicato smentendo «fermamente le nuove accuse infondate dei golpisti in Niger».

OGGI VERTICE ECOWAS PER DISCUTERE DELLA POSSIBILE GUERRA IN NIGER: GLI SCENARI

Mentre in Niger intanto è nato un nuovo “Consiglio di resistenza per la Repubblica” (Crr) che intende arrestare Tchiani e riportare al potere il presidente deposto Bazoum durante il golpe – su creazione di Rhissa Ag Boula, ex ministro presso la presidenza del Niger ed ex ribelle Tuareg – tutto resta in bilico in attesa di capire cosa deciderà l’Ecowas che oggi si riunisce in forma straordinaria per dirimere azioni da prendere per la crisi in Niger. Usa e Ue invitano da giorni al dialogo e alla mediazione per evitare una guerra a cielo aperto nel pieno del Sahel e con rischi devastanti tanto sul fronte migrazioni quanto per l’ordine sociale, economico e geopolitico dell’Africa occidentale.

Il nuovo summit dell’Ecowas, nella confinante Nigeria, è il secondo dopo quello del 30 luglio scorso che aveva lanciato un ultimatum scaduto senza essere passati all’azione dopo aver minacciato “uso della forza”; l’intervento militare può infatti essere deciso solo dai leader del blocco e le divisioni all’interno della Comunità africana sono molto nette nei confronti del golpe nigeriano. La Nigeria vorrebbe far terminare subito il regime di Tchiani anche se ammette vi siano forti rischi con l’intervento militare: Mali e Burkina Faso appoggiano nettamente Niamey e vogliono impedire qualsiasi intervento filo-occidentale nel vicino Niger. Il rifiuto dei golpisti di accettare una delegazione di Ecowas e Nazioni Unite non ha però aiutato l’ala più “dialogante” all’interno della comunità internazionale, portando la tensione alle stelle nel giorno in cui potrebbe anche essere deciso l’inizio della guerra. L’Algeria nelle ultime ore viene vista come lo Stato ideale con il presidente Abdelmadjid Tebboune per poter mediare fra Occidente, Ecowas e Niger: ha condannato il golpe, aveva ottimi rapporti con il Presidente Bazoum (che fa sapere di essere a rischio della vita, con gli Usa che lanciano ogni giorno appelli affinché almeno venga liberato dai golpisti) ma al contempo – scrive “Il Post – «l’ipotesi di una possibile operazione degli eserciti della Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale per reintegrare Bazoum al potere aveva provocato l’ostilità del governo algerino». Tutti gli scenari restano aperti e i movimenti continui delle truppe al confine dentro e fuori dal Niger non fanno presagire nulla di buono sul prosieguo della crisi internazionale nel pieno dell’Africa, con i golpisti “filo-Russia” che si contrappongono al blocco filo-Occidente del presidente deposto a Niamey.