I nigeriani uccisi solo perché cristiani in 15 anni sono almeno 52mila (nella maggior parte dei casi cattolici), ma le violenze riguardano tutta l’Africa. Eppure, c’è il sospetto che il Vaticano non conosca bene la condizione dei cristiani nel continente. A porre il dubbio è don Filippo Di Giacomo, sacerdote e giornalista, vaticanista e commentatore di vari temi religiosi per diverse testate. In un editoriale per il settimanale “Il Venerdì di Repubblica” segnala le ultime tristi novità: nella settimana che ha preceduto la domenica delle palme, in Sudafrica sono stati uccisi tre monaci copti e un prete cattolico.



«I primi a coltellate e colpi di spranga, l’altro con un colpo di pistola alla nuca mentre in chiesa recitava il rosario». Don Di Giacomo ha ricordato che Papa Francesco nel Lunedì Santo ha ricevuto in Vaticano la comunità nigeriana immigrata in Italia, raccomandando loro, stando a quanto emerso dal resoconto dei media vaticani, di evitare sempre di «chiudersi nella propria cultura in un isolamento quasi tribale». Ma in Nigeria, così come nel resto dell’Africa, c’è una domanda che circola: Papa Francesco, o chi si occupa dei suoi discorsi, sono davvero a conoscenza di ciò che sta accadendo nel continente?



L’ANALISI DI DON DI GIACOMO SULLA STRAGE DI CRISTIANI IN AFRICA

Da anni in Nigeria domina il terrorismo islamista di Boko Haram, che continua a spadroneggiare negli Stati a maggioranza islamica del Nord e ora occupa la fascia centrale del Paese. Si tratta della cosiddetta “Cintura di mezzo“, dove «il sangue cristiano scorre copiosamente», scrive don Filippo Di Giacomo. Nell’editoriale pubblicato sul Venerdì di Repubblica afferma di ritenere «grave che in decenni di cosiddetto dialogo interreligioso, Roma privilegi un islam che si finge “dialogante” a discapito dei propri fedeli».



A tal proposito, viene citato il documento firmato da Papa Francesco nel 2019 ad Abu Dhabi, controfirmato dall’imam di Al Azhar il sunnita Ahmad Al-Tayyeb. Si tratta del “Documento sulla Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune“. Il problema della libertà religiosa e di coscienza, precisa don Di Giacomo, in quel documento «non vengono neanche affrontati, quasi fossero ininfluenti». Alla luce di ciò non deve stupire se nella Libia sunnita 6 persone sono state condannate a morte perché si sono convertite al cristianesimo, mentre altre 12 sono a processo e rischiano la stessa sorte.