Nina Zilli si è raccontata ai microfoni di Specchio, magazine del quotidiano La Stampa. Si inizia dalle origini, dalla musica: “Che fosse il mio metabolismo l’ho capito da grande. Da bambina ero attratta soprattutto dalla pittura. Ero una figlia unica, passavo molto tempo da sola in casa, mi creavo un mondo tutto per me. A 8 anni suonavo il piano ed ero iscritta al conservatorio: avevo brigato per farlo molto prima, già a cinque anni. E volevo già andarci da quando ne avevo 5. La musica mi è entrata dentro ancora prima che potessi chiamarla con il suo nome”. Nina Zilli spiega di non aver sofferto di solitudine: “Non ne avevo il tempo: sono cresciuta con i miei nonni nella campagna emiliana e li c’era sempre qualcosa da fare. In casa, invece, m’indaffaravo da sola con i miei disegni e la mia musica”.



In ogni caso la sua infanzia è stata felice: “Sì perchè è stata avventurosa, non urbana, ogni giorno scoprivo qualcosa, poi qualcosa si ruppe e da espansiva e vulcanica diventai chiusa e mi smarrii. Mia madre allora decise di mandarmi in Irlanda da sola, avevo dieci anni, ritrovai tutto, tornai in me. Mia mamma fu grandissima e un po’ pazza, ma con la prudenza non si crescono i bambini. Imparai l’inglese”. Quindi Ninza Zilli ha svelato: “Io non riesco a esprimere la felicità nelle mie canzoni, quando sono felice esco, mi vivo la felicità e non ho niente da dire”. Ma in ogni caso la sua musica non è triste fa notare il giornalista: “La mia musica è quasi sempre allegra, con il pianoforte riesco a dire l’allegria che però è una cosa diversa dalla felicità. La felicità non dura? A me le cose di lunga durata però piacciono molto”.



NINA ZILLI E MUNSTA: “UNA CANZONE SULLA TRASFORMAZIONE”

Sulla sua canzone estiva MUNSTA: “E’ una canzone sulla trasformazione, che è il punto dell’identità. A lungo mi sono detta che non dovevo perdere mai la fedeltà a me stessa, ma poi mi tradivo, o almeno così pensavo, perchè volevo essere tante cose. Ho capito con il tempo che la fedeltà a me stessa stava proprio nell’accogliere quel desiderio di essere tutto. Il mio punto fermo? Il romanticismo, che adulta sono? Una donna chiara, come il mio nome. Degli altri cosa mi piace? La possibilità della condivisione, siamo pile elettriche e quando viviamo un momento tragico o felice si sente sulle cellule della pelle, e quell’energia è contagiosa, si emana, ci lega. Credo che quell’energia sia l’essenza della vita”.



Nina Zilli ha parlato anche delle donne accese ed esuberanti: “Durante tutta la mia gavetta mi sono nascosta, ho cercato di dare nell’occhio il meno possibile, camuffavo il mio lato più femminile perchè sul lavoro ero circondata da uomini e temevo che non mi avrebbero presa sul serio. Non è facile essere presa sul serio se canti bene e hai la cofana di capelli laccata e la minigonna. Poi comunque i maschi ho imparato a domarli: se ti dicono stai calma tu te ne freghi”. Sul passato e il presente: “Mi piace tanto il passato, anche il presente, impazzisco per la mescolanza multiculturale del nostro tempo, la musica la riflette benissimo”. Il futuro invece: “Mi spaventa, ma confido in una grande rinascita”.

NINA ZILLI: “MI MANCANO LE PARTITE DI BASKET”

Ma cosa manca del passato a Nina Zilli: “Le partite di basket, giocavo tantissimo. Ora lo faccio ogni tanto, quando torno dai miei. Qualche tempo fa Geppi Cucciari mi ha stracciato in una gara a tiro libero, e allora ho capito che avevo perso la mano”. Nina Zilli dice di non essere una secchiona: “Non ho neanche finito il conservatorio perchè non ho la vocazione del musicista. Io amo cantare e produrre, quelle due cose le farei continuamente ma non ho un rapporto a due con lo strumento senza il quale comunque non potrei vivere perchè è la cosa che fa nascere in me quel desiderio e quella necessità che si trasformano poi in canzoni. La cosa migliore che mi è successa sul palco? Gli applausi, sempre, e poi quella volta che a Sanremo, mi hanno dato tre premi in una volta. La seduzione? Godermi la bellezza di essere una donna”.

Ma Nina Zilla è coraggiosa? “Sento di avere paura di tutto ma mio nonno, che mi ha cresciuta, diceva che non avevo paura di niente e quindi ho capito che la mia paura è l’unico coraggio che ho, ossia il coraggio viene dalla paura”. Chiusura dedicata al suo nome: “Come mi faccio chiamare? Mi presento sempre come Chiara Nina e dico: chiamami come vuoi, tanto rispondo sempre”.