Nino D’Angelo ha scritto una emozionante canzone per il padre: “Mi son messo a scrivere, mia moglie mi vide piangere…”. Nel 2002, in una puntata di Domenica In il cantante raccontò della sua depressione dopo la morte dei genitori, a distanza di 11 mesi l’uno dall’altro. “Tutto quello che avevo aveva spento tutto quello che non avevo”, ha commentato. “Oggi sto meglio, ho avuto 4 nipoti, uno più bello dell’altro! Altro che antidepressivo!”, ha proseguito.



Tra un aneddoto ed un altro non sono mancate le esibizioni di Nino D’Angelo sui suoi principali successi musicali. Per la festa dei suoi 40 anni lui rifiuta la grande festa a Napoli per farla a Scampia, che lui sentiva più vicino a lui. Di recente gli è invece stato dedicato un murales. “Mi sono emozionato però mi hanno emozionato soprattutto gli occhi della disperazione che vivono ancora come 40 anni fa, non è cambiato niente”, ha aggiunto, parlando della periferia dove abitava. Nino ha poi ammesso di pensare tutti i giorni alla madre: “Sta sempre con me! E’ la mia carne e io il suo sangue”. Parlando del suo album ha spiegato: “Non volevo scrivere più, quando ho visto quel murales ho pensato che avrei dovuto ancora scrivere per quella gente”. (Aggiornamento di Emanuela Longo)



NINO D’ANGELO: “IL MOMENTO PIÙ BELLO DELLA MIA VITA? QUANDO ERO POVERO”

Dopo due anni di silenzio, Nino D’Angelo è tornato in pista, ospite di Domenica In. Nino ha ammesso di aver avuto tanta paura. Il periodo di chiusura è coinciso con un momento di crisi esistenziale del cantante che è caduto nella depressione: “Diventi una nullità, non sai neppure cosa vuoi”, ha commentato dopo aver ringraziato Mara Venier per esserci stata. Nino ha raccontato della sua famiglia: “Era una famiglia povera, si vede da come ci vestivamo. Vivevamo in un palazzo, sembrava una comunità ed ognuno di noi era figlio di tutte le donne del palazzo”. Il momento più bello della sua vita? “E’ stato quando ero povero perché non ho mai toccato la pesantezza bella della felicità come quando ero povero”, ha ammesso.



Zia Carmela per lui è stato una seconda mamma: “Per lei sono come un figlio”. Proprio la zia ha ripercorso in un video i momenti più belli della giovinezza di Nino. Le parole della zia hanno commosso D’Angelo fino alle lacrime. (Aggiornamento di Emanuela Longo)

NINO D’ANGELO E IL PERIODO DI DEPRESSIONE

Nino D’Angelo ha presentato ieri il suo libro «Il poeta che non sa parlare», al Salone del libro di Torino, classica chermesse che si tiene ogni anno nel capoluogo piemontese. Nell’occasione l’artista napoletano, il primo vero cantante neomelodico divenuto famoso, si è raccontato ai microfoni del quotidiano La Stampa: «Chi è Nino d’Angelo? Un nonno felice. Sono nato a San Pietro a Patierno, dove si fanno le scarpe, papà operaio, mamma casalinga. Ho avuto successo con “’Nu jeans e’na maglietta” e ho cambiato la canzone napoletana che negli Anni 70 parlava solo di malavita riportando l’amore nel pop. Sono stato neomelodico prima che nascesse la parola». E ancora: «Prima scrivevo canzoncine d’amore e lacrime per il ragazzo col caschetto biondo, oggi racconto il mondo dei ricchi sempre più ricchi e dei poveri sempre più poveri, dei ragazzi nelle carceri che hanno fatto un errore e pagano tutta la vita perché non esiste riabilitazione».

E fra le due fasi Nino D’Angelo ha vissuto anche un duro periodo, quello della depressione: «Come ne sono uscito? Mi ha aiutato l’amore della mia famiglia. È una patologia che va curata da specialisti. Mi ha reso più forte e ha fatto uscire un altro me che vuole pensare». A quel punto il collega de La Stampa lo incalza, chiedendogli se sia divenuto un intellettuale e lui replica: «Dove sono nato io nessuno ti dice niente e la politica ha bisogno di gente ignorante. La musica mi ha fatto conoscere maestri e intellettuali. Nella mia famiglia si spegneva la tv quando arrivava il tg e io sono stato il primo a prendere la terza media. Dopo, tutti mi portavano a leggere le bollette del gas»

NINO D’ANGELO: FRA LA STORPIATURA DI LET IT BE, L’IRONIA E LA POVERTA’

Un curioso aneddoto sui Beatles: «Storpiavo “Let it be” dei Beatles in “Gesù Cri” in chiesa? Era un gioco. L’italiano per me è come l’inglese, una lingua straniera. Mi esprimo meglio in napoletano». La sua professoressa di italiano lo chiamava ‘il poeta che non sa parlare’, frase che ha dato il titolo al suo libro: «Diceva che arrivavo al cuore anche quando mi esprimevo male. Mandò a chiamare i miei per dirglielo e mia madre mi riempì di botte perché pensava avessi fatto qualche guaio».

In ogni caso Nino D’Angelo spiega: «La povertà serve a dare valore ad ogni cosa: per essere felici ci vuole poco». Ovviamente nel libro, in cui racconta i suoi 60 anni di vita, si ride tanto: «Uno scudo per non prendersi troppo sul serio. Possiamo riderci addosso invece di piangerci addosso. Se racconto che mio padre mi ha portato davanti alla bici e mi ha detto “La vedi questa? Non potrai permettertela mai” fa sorridere ma in modo amaro». Ma chi leggerà il suo libro? «Spero non solo i fan: credo di essere amato da chi non legge perché scrivo come parlo e la gente si sente a casa. Mi hanno sempre scoperto tardi, forse andrà così anche come scrittore».