Nino De Masi è il protagonista al centro della puntata di martedì 14 maggio 2019 di “Che ci faccio qui“, il programma condotto da Domenico Iannacone in seconda serata su Rai1. L’imprenditore di Gioia Tauro racconta la sua vita sotto scorta. Da sei anni circa, infatti, l’imprenditore calabrese vive sotto scorta con tutta la sua famiglia. La sua è una testimonianza forte, ma sincera di un uomo che ha detto no ai soprusi pur perdendo la sua libertà; un uomo che nonostante tutto sogna ancora un futuro migliore per la sua terra e per la sua gente. Per l’occasione Domenico Iannacone ha deciso di incontrare l’uomo che da sei anni vive sempre sotto scorta. “Fai scelte di vita perché vuoi illuderti di essere un uomo libero. E in nome di quell’illusione perdi la libertà materiale perché, certamente, non posso essere libero come tutti” ha dichiarato Masi.



Nino De Masi: una public company contro la mafia

Nonostante sia stato privato della sua libertà, Nino De Masi continua la sua vita e la sua lotta. Proprio in virtù di quello che ha vissuto e continua a vivere ha ideato la “public company contro la mafia”, un progetto che ha presentato così a Il Fatto Quotidiano: “Vuol dire che c’è un dato oggettivo: la criminalità opprime il territorio. Di fronte a questo tipo di realtà come si può fare impresa? In molti mettono la polvere sotto il tappeto e dicono che la mafia non c’è. Fanno finta di non sentire e non vedere. L’alternativa è affrontare il problema nella sua drammaticità o meglio nella sua realtà. Lo sto vedendo sulla mia pelle. Posso immaginare di crescere, di svilupparmi e di avere un domani confidando in un miracolo? O devo vivere sempre sotto scorta? No, non si può fare”. Un progetto che ha un grande obiettivo: “L’iniziativa “darà alla gente la possibilità di dire che sta partecipando a un progetto positivo che certamente combatte la mafia senza ambiguità e senza dubbi. Riuscire a portarlo avanti significherà creare lavoro libero e senza condizionamenti”



Nino De Masi: “qualcuno ha interesse che io muoia o che io fallisca”

Nel 2013 uno dei capannoni dell’azienda De Masi è viene completato travolto da una sventagliata di Kalashnikov, una sorta di avvertimento per l’imprenditore di Gioia Tauro. Minacce chiare che l’hanno costretto ad allontanare la famiglia dalla Calabria e a vivere sotto scorta. La sua azienda, sita nella zona industriale del porto di Gioia Tauro, è presieduta giorno e notte dai militari. Intervistato da Il Fatto Quotidiano, Nino De Masi ha detto: “Forse qualcuno ha interesse che io muoia o che io fallisca“. Sta di fatto che il suo progetto è stato accolto positivamente: “mi hanno fatto tutti i complimenti. Così come me li hanno fatti alcuni economisti importanti dicendomi che è rivoluzionario. Credo che sia unico in Italia. Non è mai stato fatto prima. È un progetto in cui la società civile vuole riappropriarsi di un ruolo attivo. Se riesco a convincere la gente, dovremmo generare quella forma di legame positivo sul territorio per dire ‘Ci siamo tutti noi e mettiamo la faccia assieme a De Masi’. Questa è la scommessa”.

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