Negli anni Ottanta ha conquistato l’Italia a suon di pugni sul ring, ma Nino La Rocca, al di là di quanto possano suggerire un nome e un cognome che più italiano non si può, figlio di un maliano paracadutista dell’esercito coloniale francese e di una siciliana, per ottenere la nostra cittadinanza ha dovuto sudare più che nella sua carriera da pugile. Saltellare sul quadrato, girare attorno all’avversario, schernirlo, non gli costava particolare fatica: le sue gambe facevano tutto. Non a caso gli americani quel pugile di colore lo chiamavano: “The Italian Ali” Era con quella boxe spettacolare, istintiva, fatta di linguacce e provocazioni belle e buone, di colpi rotanti e piroette, che Nino La Rocca si è meritato un posto nella storia sportiva italiana e non solo. Lo ha fatto al netto di una carriera che si è scontrata al suo apice con una delusione atroce: il ko rimediato dal texano Donald Curry, soprannominato il “Cobra”, a Montecarlo il 22 settembre 1984, nel match valido per la Corona Mondiale dei Pesi Welter W.B.A.-I.B.F.



NINO LA ROCCA E LA CITTADINANZA ITALIANA

Di Nino La Rocca si parla questa sera a “Quelli della Luna”, il programma di Giampiero Mughini in onda su Rete 4. Una storia che scommettiamo essere definita “lunatica”, in virtù di un talento pugilistico non trascurabile, ma sempre snobbato dagli “esperti” che in quel boxeur non vedevano la potenza necessaria per ottenere risultati importanti. Forse avevano ragione loro, forse i suoi pugni non erano abbastanza duri per issarlo sul tetto del mondo, ma di certo non gli hanno impedito di arrivare su quello d’Europa. Lo ha fatto con coraggio e perseveranza, replicando con orgoglio anche ad una sconfitta sfortuna e cocente nel primo match per la corona continentale, quando una testata del francese Gilles Elbilia lo costrinse all’abbandono. In quegli anni di folle innamoramento degli italiani, era solito rimbalzare da un salotto tv all’altro, ospite della Carrà o di Costanzo, per chiedere la cittadinanza: alla fine dovette muoversi il Presidente della Repubblica in persona, Sandro Pertini.



NINO LA ROCCA: “HO AVUTO E DATO TANTO”

In un’intervista di qualche tempo fa a La Gazzetta dello Sport, fu lo stesso Nino La Rocca ad ammettere:”In tv ripetevo “Pertini pensaci tu”. Un giorno il presidente chiamò in diretta mentre ero da Minà. E al Quirinale mi ha dato i documenti”. Da italiano ha combattuto per il Mondiale:”Ero fiero di questo: quel match l’ho perso male, sì. Ma sono salito sul ring svuotato per i tanti rinvii. Non potevo vincere”. Nino La Rocca è riuscito però a riscattarsi, cinque anni dopo, conquistando il titolo europeo:”Non è stato facile ripartire, ma ero tornato su buoni livelli. Il rimpianto più grande non è il Mondiale perso: mi hanno fatto smettere a 30 anni. Ho detto cose che non dovevo, tipo che la politica è la rovina dello sport. (…) Ho avuto tanto e ho dato tanto. Il futuro? Mai mollare: fare l’attore mi piace, vorrei continuare. Nel frattempo cerco d’insegnare il pugilato ai ragazzi qui in palestra, ma è dura. Ah, vorrei scrivere un libro: qualcuno mi aiuta?”.

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