Il Garante nazionale delle persone private della libertà Mauro Palma, al Corriere della Sera, affronta il tema del sovraffollamento nelle carceri. “Stamattina siamo a 59.954 detenuti, a fronte di 47.546 posti disponibili. Ormai il sovraffollamento è tornato ai livelli allarmanti del periodo pre-pandemia. Ma c’è un altro dato numerico che mi preoccupa” spiega. Si tratta del “ritmo di crescita. Un mese fa i detenuti erano 59.508, il 4 settembre 58.491: in meno di tre mesi sono aumentati di quasi 1.500. Con queste cifre si raggiungeranno presto livelli di sovraffollamento difficilmente sostenibili”. Costruire nuove strutture non sarebbe sufficiente “perché dietro ai numeri si nascondono questioni che hanno a che fare con la funzione del carcere e i diritti dei reclusi. Dei quasi 60.000 di oggi, 1.486 hanno una condanna inferiore a un anno, e 2.926 inferiore a due anni. Per loro il carcere non può fare niente, perché in un periodo così breve nessun percorso educativo o di socializzazione è possibile. Sono vite a perdere, mentre la pena rieducativa prevista dalla Costituzione è un diritto dei detenuti. In questi casi negato”. 



Rimettere in libertà questi cittadini, però, non è neppure la soluzione. “Non dico di rimetterli fuori, dico che è inutile tenerli in carcere. E pure rischioso, perché entro breve tempo torneranno comunque liberi per fine pena e in questa situazione è quasi certo che ricominceranno a commettere reati, visto che sono per lo più persone senza fissa dimora e prive di qualunque sostegno. Penso che sarebbe meglio prevedere per loro strutture diverse dal carcere” spiega Palma. Nordio ha proposto l’utilizzo delle caserme: “Non credo che le caserme siano le strutture migliori, soprattutto per dimensioni e logica architettonica. Tuttavia è da coltivare l’idea di sfruttare luoghi di proprietà dello Stato per dare risposte diverse dal carcere a reati di scarso allarme sociale. Strutture piccole, legate al territorio, dove il tempo di privazione della libertà non sia un semplice spazio vuoto che finisce inevitabilmente per aumentare l’aggressività“. 



Mauro Palma: “Caso Scagni un episodio molto grave”

Nei giorni scorsi Alberto Scagni è stato pestato in carcere da due detenuti. Il Garante nazionale delle persone private della libertà Mauro Palma, al Corriere della Sera, spiega: “Il carcere è uno specchio deformante della società, che ne riflette e ingigantisce alcune caratteristiche. Le tensioni che si registrano all’interno degli istituti ripropongono quelle esterne frutto di emarginazione, povertà, speranze negate. La percentuale dei suicidi, molto più alta dentro che fuori, è la conseguenza di situazioni comuni che all’interno di una cella diventano ancor più deflagranti. Quanto al “caso Scagni”, lo considero un episodio molto grave, con diversi aspetti ancora da chiarire, nel quale uno dei due aggressori era già stato protagonista di episodi analoghi”. 



A preoccupare sono anche i Cpr: “In un anno siamo già a 4 decreti sulla stessa materia, e dopo che era già avvenuto quando al Viminale c’erano Roberto Maroni e Matteo Salvini, per la terza volta s’è riportato il periodo massimo di permanenza a 18 mesi. Senza che questo abbia determinato un aumento dei rimpatri, che restano pochi. L’unico risultato è allungare una privazione della libertà dove l’unico controllo è quello del Garante perché non c’è la vigilanza di un giudice. Tutto ciò non fa che aumentare il rischio di nuovi reati: dentro i Cpr e fuori, quando i non rimpatriati torneranno in circolazione”. Infine, un commento sull’accordo con l’Albania sul tema migranti che avrà “costi altissimi per l’Italia; basti pensare all’applicazione della nostra giurisdizione in terra straniera e al conseguente viavai di giudici, avvocati, esperti, poliziotti. Mi pare la previsione di uno sforzo enorme con l’unico scopo di tenere lontano dalla vista degli italiani poche migliaia di migranti che in buona parte, prima o dopo, dovranno tornare in Italia”.