Per un breve momento, all’incirca tra la fine degli anni 80 e la metà della decade successiva, in piena esplosione grunge, ci fu un gruppo di ragazzi provenienti da città periferiche degli Stati Uniti cresciuti a dosi massicce di musica punk che per qualche ragione cominciarono a guardarsi indietro. Così facendo, scoprirono l’impressionante ricchezza del patrimonio folk del loro paese, dalle ballate della Carter Family, a quelle di Hank Williams, fino a Merle Haggard e ancora più indietro, agli anni 30 e 40. Ma anche a quei musicisti degli anni 70 che già avevano fatto qualcosa di analogo, come Gram Parsons, Gene Clark e gli Eagles. Ne vennero fuori dei dischi di grande bellezza dritti al cuore dell’America che sebbene non ebbero un impatto commerciale di massa, sono rimasti ancora oggi delle pietre miliari. Ne abbia raccolti dieci.



10. Freakwater, Old Paint (1996)

Catherine Ann Irwin e Janet Beveridge Bean, veterane della scena punk di Louisville, danno vita ai Freakwater a fine anni 80, con in mente le antiche ballate dei Monti Appalachi e dei minatori del XIX secolo con a tema la perdizione, la salvezza, la povertà. “I wasn’t drinking to forget/ I was drinking to remember/ How I once might have looked through the eyes of a stranger” è l’attacco del brano di apertura, Gravity, quasi un sermone dell’Antico Testamento, fino ad arrivare a Hero/Heroine, la devastazione, con un approccio similare agli Stones più “rustici” e ruvidi. In Old Paint, Bean e Irwin danno così tanto di sé che lo stile e la sostanza diventano indistinguibili, e questo è un risultato che raramente si raggiunge.



9. Gillian Welch, Revival (1996)

Il titolo del disco di debutto di quella che sarà destinata a diventare una delle voci più autorevoli del panorama musicale statunitense, dice già l’intento di riportare in vita quel mondo antico e perduto che grazie a un veterano come T-Bone Brunett si arricchisce degli interventi nientemeno che del chitarrista di Elvis, James Burton, e del batterista che ha “suonato con tutti” Jim Keltner. Anche la Welch si rifà al mondo dei Monti Appalachi, dalla contadina schiavizzata per pochi centesimi al giorno, allo spacciatore di whiskey di contrabbando. Il disco viene lodato dalla critica tanto da arrivare secondo dietro a The ghoast of Toam Joad di Springsteen ai premi Grammy nella categoria miglior album folk.



8. Blue Mountain, Dog Days (1995)

Originari di Oxford, nel Mississippi, il gruppo nasce nel 1991 grazie al chitarrista e cantante Cary Hudson e della moglie, la bassista Laurie Stirratt, sorella gemella del bassista dei Wilco. Le attinenze tra i due gruppi ci sono, almeno inizialmente, grazie a una solida base rock e a citazioni di melodie ancestrali e tradizionali. Nelle loro canzoni, un caldo senso di nostalgia, spazi aperti, serate sul portico di casa, lunghi viaggi estivi in macchina tra campi e boschi mentre imperversano riff chitarristi e aperture rabbiose. Country alternativo, ovviamente.

7. Joe Henry – Kindness of the World (1993)

Accompagnato dai Jayhawks, il gruppo leader della scena alt. country, il cantautore Joe Henry costruisce un piccolo manifesto di una generazione in cerca delle sue radici. Grazie a una capacità lirica di altissimo livello, Henry produce un acquarello dove indaga non solo la sua coscienza, ma anche quella del suo paese, con raffinatissimi bozzetti di bellezza melodica travolgente dove il vecchio valzer delle feste paesane di un’America scomparsa pitturano le stesse sensazioni di melanconia tipiche dei quadri di Edward Hopper.

6. 16 Horsepower, Sackcloth ‘n’ Ashes (1996)

Un americano (David Eugene Edwards) e due francesi (Jean-Yves Tola e Pascal Humbert) danno vita a un terzetto che inabita un immaginario religioso fatto di conflitti, redenzione, punizioni e senso di colpa con l’uso massiccio di strumenti tradizionali bluegrass, gospel e dei Monti Appalachi incrociati con un senso furioso del punk. E’ musica straniante, inquietante, evocatrice che ben si adatterebbe alla colonna sonora di un libro di Flannery O’Connor.

5. The Avett Brothers – I and Love and You (2009)

Giunti fuori tempo massimo dall’esplosione della scena alt. country, il gruppo originario della North Carolina dimostra come quel sentimento permanga nella nuova generazione americana. Con il passo biblico di The Band, il gruppo brillantemente prodotto dal veterano Rick Rubin mette in evidenza l’alternarsi delle voci con una sapiente mistura di pop e melodie tradizionali, il tutto avvolto  da strumenti tradizionali con il banjo sempre in primo piano.

4. Whiskeytown, Strangers Alamanc, 1997

Sull’orlo dello scioglimento, la band capitanata dall’eclettico Ryan Adams, fan sfegatato di Gram Parsons, con un colpo di reni pubblica il suo disco migliore. A tenerli insieme il brillante lavoro del produttore Jim Scott che lascia scorrere la loro vena rock e country in maniera cristallina, con brani che rimangono ancora oggi testimonianza di una rara capacità creativa, dalla intensa Excuse Me While I Break My Own Heart Tonight (un duetto col songwriter texano Alejandro Escobedo) al country sbilenco di Dancing with the Women at the Bar.

3. Neal Casal, Fade Away Diamond Time (1995)

Figlio illegittimo di Jackson Browne e Neil Young, questo cantautore prematuramente scomparso produce un disco puramente Seventies, nei suoni, nell’eleganza, nella bellezza melodica. Se fosse uscito vent’anni prima, sarebbe stato uno dei capolavori di quella stagione musicale. Ballate dominate dall’organo Hammond, da una chitarra elettrica distorta e da una voce piena di dolce malinconia, Neal Casal ama la California e sogna  un rifugio dalla bruttezza della vita tra le spiagge di Zuma e Malibu.

2. Uncle Tupelo, No Depression (1990)

Provenienti da Belleville, nell’Illinois, Jeff Tweedy e Jay Farrar danno vita a un gruppo punk rozzo e incendiario, prima di decidere di guardarsi alle spalle. Il disco d’esordio, sin dal titolo che è quello di una canzone della Carter Family che appare anche nell’album,  è diventato sinonimo dell’alternative country stesso e ha influenzato tutta la scena. Unendo le loro radici hardcore punk con l’approccio della musica folk e country degli anni 30 e 40, danno vita a un disco formidabile che buca ogni definizione di genere. Nelle loro canzoni, il ritratto della classe operaia americana. Tweedy e Farrar, dopo la separazione, avrebbero dato vita ai due gruppi americani più significativi degli ultimi vent’anni, Son Volt e Wilco.

1. Jayhawks, Hollywood Town Hall (1992)

Di gran lunga i migliori dal punto di vista strumentale e compositivo, la band di Gary Louris a Mark Olson si immerge senza paura nel gran mare country rock degli anni 70, guardando a Eagles, Gram Parsons e Neil Young. Il risultato è una serie di canzoni di cristallina bellezza, dove le chitarre emergono con prepotenza e le armonie vocali sono perfettamente in sintonia con il grande sogno West Coast degli anni 70. Un disco che non ha perso un grammo della sua consistenza originaria rimanendo magnificamente sospeso nel tempo.