Forse è davvero segno di un tempo secolarizzato che in Francia ci si rivolti in queste ore contro i divieti a minigonne, shorts e calze a rete in classe mentre ormai è assodato e visto come “conquista social” il divieto assoluto di simboli religiosi in aula. Questo però non è un problema solo della Francia ma in generale di un’Europa che sembra sempre più dimentica sia di una “radice” originaria, sia dell’importanza attuale che può assumere la sensibilità religiosa come attenta lente per veder meglio la quotidianità e la comunità moderna; al netto di questa breve ma doverosa “premessa”, è polemica e non poca oltr’Alpe per le indicazioni delle autorità nazionali che bollano come inappropriati e dunque vietati abiti troppo succinti tra le ragazzine. Scatta però la rivolta su Tik Tok e sui social in generale, con le manifestazioni di protesta con tanto di selfie in minigonna per migliaia di ragazze, sostenute anche da personalità della cultura e dello spettacolo financo alla ex Ministra delle Pari Opportunità sotto il precedente Governo Philippe.



L’APPELLO DELL’EX MINISTRA SCHIAPPA

«Oggi 14 settembre molte ragazze hanno deciso spontaneamente, dovunque in Francia, di indossare, gonne, maglie scollate, crop top e di truccarsi, per affermare la loro libertà rispetto a giudizi o atti sessisti. Come madre, le sostengo, con sorellanza e ammirazione», spiega nell’appello social Marlene Schiappa, oggi sottosegretario alla Cittadinanza e in aperta polemica con il suo stesso Governo Castex-Macron per le regole considerate da molti “sessiste”. Che la Francia si riscopra “bacchettona” non è notizia solo di oggi, dopo la polemica sollevata per la turista cui è stato vietato di entrare al Museo d’Orsay di Parigi per un vestito troppo scollato sul seno: Tik Tok ha fatto il resto, trasformando critiche e nervosismi delle più giovani in un vero e proprio “movimento” di protesta. Una studentessa all’ultimo anno di un istituto di ragioneria – riporta il Messaggero, citando l’intervento di una ragazza a France Inter – ha detto di aver ricevuto «rimprovero con nota dal mio professore per come ero vestita, ovvero un pantalone a vita alta con una maglia scollata sulla schiena». Niente velo, niente kippah e niente croci al collo, ma il resto finora veniva permesso: lo scontro tra libertà di espressione e “adeguato rispetto al luogo” continua e continuerà anche nei prossimi anni, ma la cassa di rimbombo dei social rischia di scatenare una “guerra mediatica” in grado di aumentare lo scontro (e dimenticare il vero dibattito sula cultura e il rispetto del proprio corpo e della libertà religiosa).



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