Oltre al pressing delle opposizioni, Italia Viva esclusa, sul salario minimo legale, il Governo, alla piena ripresa dell’attività politica dopo la pausa estiva, dovrà evitare inciampi sulla nuova piattaforma informatica (il Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa) che da settembre dovrà aiutare gli ex beneficiari del Reddito di cittadinanza ritenuti “occupabili” a trovare un lavoro o un corso di formazione adeguato a trovare una nuova occupazione. Senza dimenticare che la Cgil, come ha ribadito in un’intervista pubblicata ieri da Repubblica Maurizio Landini, non esclude lo sciopero generale in autunno. Di tutti questi temi abbiamo parlato con Marina Elvira Calderone, ministro del Lavoro e delle Politiche sociale, oggi ospite al Meeting di Rimini.
Cominciamo dal salario minimo legale, su cui le opposizioni insistono. Il Governo ha deciso di affidare un mandato al Cnel per studiare come intervenire sul lavoro povero. Quali sbocchi vi aspettate?
Il tema del salario minimo legale è complesso e va fatto uscire dalla contrapposizione ideologica, tanto più se si vuole affrontare il più complesso scenario del lavoro povero. Per questo viene affidata al Cnel, organo costituzionale che è formato dalle rappresentanze delle parti sociali e presso il quale si depositano i contratti collettivi, la realizzazione di un’analisi approfondita e comparata sulla contrattazione italiana. La ricognizione effettuata dal Cnel sarà complementare alle valutazioni degli strumenti e degli interventi, anche a valere sulla prossima Legge di bilancio, che il Ministero del lavoro e il Governo individueranno e sottoporranno al Parlamento.
Quale ruolo possono avere i sindacati?
Fondamentale. La stessa Commissione europea nei giorni scorsi ha rimarcato che l’obiettivo della Direttiva sul salario minimo è quello di estendere la contrattazione collettiva, particolarmente in Paesi come l’Italia in cui oltre il 90% dei lavoratori è coperto da un contratto collettivo di riferimento. Ne consegue che il ruolo dei sindacati è di primaria importanza, per la loro funzione di tutela delle condizioni di lavoro. Per questo motivo, su un tema così delicato come quello del lavoro povero, il confronto deve esserci.
Nel nostro Paese quello dei salari bassi è un problema reale: la contrattazione collettiva è sufficiente per aumentare il livello delle retribuzioni?
Dobbiamo guardare a una più ampia strategia sulle retribuzioni, che in Italia non crescono da quasi vent’anni. E rimuovere le cause, complesse, di questo fenomeno. Si tratta di intervenire su una serie di fattori: aumento della produttività, innalzamento delle competenze, abbattimento del cuneo fiscale e lotta al lavoro povero, tipico di settori a bassa produttività e valore aggiunto. Tutto questo deve anche diventare oggetto centrale della nuova stagione di rinnovi contrattuali. Solo avviando una strategia di sistema con queste componenti si può pensare di far ripartire la crescita degli stipendi medi degli italiani.
Per quanto riguarda gli ex beneficiari del Reddito di cittadinanza “occupabili”, come lei stessa ha ricordato nelle scorse settimane, dal 1° settembre sarà operativo il Supporto per la Formazione e il Lavoro. Di che si tratta?
Gli occupabili escono dal Reddito di cittadinanza per accedere, se decideranno di aderirvi, al Supporto per la formazione e il lavoro, gestito attraverso la nuova piattaforma Siils (Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa). Si tratta, come dice la legge, di una “misura di attivazione al lavoro, mediante la partecipazione a progetti di formazione, di qualificazione e riqualificazione professionale, di orientamento, di accompagnamento al lavoro e di politiche attive del lavoro”. Lo strumento è richiedibile dal prossimo 1° settembre e prevede un’indennità di 350 euro al mese per un massimo di 12 mesi, subordinata alla partecipazione al proprio progetto personalizzato, per la durata dello stesso.
Questo strumento consentirà, a quanti si iscriveranno, di trovare un’occupazione?
Certamente è uno strumento che parte da un presupposto totalmente diverso rispetto al passato. Chi deciderà di aderire avrà a disposizione un percorso di accompagnamento a comprendere i propri fabbisogni formativi, le opportunità di crescita delle competenze individuali, le opportunità di partecipare a progetti di utilità collettiva o al servizio civile, le possibilità di entrare in contatto con il sistema delle Agenzie per il lavoro, l’adesione a proposte di lavoro. Il tutto con una sinergia tra i soggetti che in Italia sono autorizzati a intermediare la domanda e offerta di lavoro. Siamo in una fase di forte crescita della domanda di lavoratori da parte delle imprese, anche per i profili medio bassi. Quindi le condizioni per affrontare questa sfida crediamo ci siano, soprattutto se a raggiungere l’obiettivo, insieme alle Regioni, concorrono le Agenzie per il lavoro, gli enti formativi accreditati e il sistema della bilateralità. E se la dimensione della sussidiarietà sarà pienamente coinvolta.
Più in generale, come intendente aumentare l’efficacia delle politiche attive?
Il decreto 1° maggio è una componente di un più ampio disegno di riforma del lavoro. Si lega a misure destinate a rafforzare le istituzioni del mercato del lavoro, con il pieno coinvolgimento delle Regioni, delle Agenzie per il lavoro, il completamento del piano di rafforzamento dei Centri per l’impiego e con il coinvolgimento dei soggetti del Terzo settore nella gestione dell’inclusione attiva delle persone e dei nuclei svantaggiati. La linea di fondo delle misure è il superamento dell’assistenzialismo, quando ce ne sono i margini, a favore di un sistema di inclusione attiva di tipo universale. In questi mesi abbiamo preso in mano il programma GOL e avviato per quasi un milione di disoccupati un’azione di riqualificazione verso le competenze richieste dal mercato. Servono competenze per affrontare le transizioni, digitale ed ecologica in primis. I numeri del bollettino Excelsior continuano mese dopo mese a parlare di circa un milione di lavoratori ricercati dalle aziende, per la metà di difficile reperimento.
Nei mesi scorsi lei aveva evidenziato la necessità di rafforzare il sistema duale attraverso “un’attenta applicazione e il sostegno” di strumenti contrattuali come l’apprendistato. Che interventi – e in quali tempi – prevede in questa direzione?
Si tratta di un intervento in corso, che affida un ruolo di rilievo alle regioni. Il ricorso al contratto di apprendistato è oggi favorito e sollecitato in alcuni settori, come il comparto turistico e termale, grazie alle regole previste nel decreto Lavoro 2023 che eliminano il vincolo del tetto massimo a 29 anni di età per la sottoscrizione di un contratto di apprendistato. È una norma che ha una “data di scadenza” a tre anni dall’entrata in vigore del decreto. Nel frattempo siamo al lavoro anche per rivedere, e semplificare, le forme di apprendistato per permettere a questo strumento di collaborare nel creare un argine a un’imponente difficoltà del lavoro italiano nel post-pandemia: trovare competenze adatte per le richieste del mercato.
Il Segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, critica i tavoli di confronto con il Governo e non esclude lo sciopero generale. Cosa ne pensa?
Mi interessa arrivare alle soluzioni nel pieno rispetto di tutte le posizioni, ascoltandole e facendo verifiche e approfondimenti. I tavoli servono per analizzare i problemi e provare a condividere le soluzioni. Sono convinta che il confronto sia sempre utile, anche quando non definisce le situazioni con immediatezza. Purché scevro da pregiudiziali. Noi poniamo alla base di tutto il dialogo e una politica inclusiva. Ma è noto che per avviare un dialogo utile e costruttivo bisogna essere almeno in due. Altrimenti è realmente complesso, se non impossibile, provare a condividere i percorsi. Sono in ogni modo convinta che l’autunno ci porterà una nuova e proficua stagione di confronti e, su questo, riconfermo il mio massimo impegno e attenzione.
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