È arrivato finalmente il primo via libera alla riforma fiscale promessa dal Governo Draghi e inserita nei primissimi atti del PNRR: il testo dopo l’ok di mercoledì 30 giugno delle Commissioni Finanze riunite (Camera e Senato) arriverà in Parlamento entro il 31 luglio per condurre in porto la legge delega necessaria a soddisfare parte del capitolo fisco nel Recovery Plan. Il documento che indica al governo la strada per la riforma fiscale, con il difficile accordo portato a casa dai partiti di maggioranza (FdI contrario, LeU-SI astenuto), porta numerose e importanti novità su diversi settori del fisco italiano: grazie alla mediazione della Lega, due in particolare sono i punti che ci proponiamo di approfondire brevemente in questo focus, le tasse sulla casa e l’inversione dell’onere della prova.



Partendo dalla tassa più “odiata” dagli italiani – l’ex ICI, oggi IMU – il Governo Draghi ha escluso nella maxi-riforma fiscale qualsiasi riferimento a nuove tasse sulla prima casa: nel documento finale approvato dalle Commissioni Finanze non v’è dunque traccia, come invece alcuni avanzano tra le ipotesi del PNRR di introdurre parzialmente e gradualmente un recupero fiscale legato alla prima casa dei cittadini. «La riforma fiscale che sta prendendo forma ha l’impronta della Lega: l’abolizione dell’Irap (tassa sul lavoro), la riduzione dell’Irpef soprattutto delle aliquote sul ceto medio, la difesa delle Flat tax per le partite iva fino a 65mila euro. È in archivio la tassa patrimoniale di successione e la reintroduzione dell’Imu: siamo soddisfatti, questo è il motivo per cui la Lega è entrata nel Governo Draghi», ha spiegato ai cronisti davanti al Parlamento il leader della Lega Matteo Salvini.



INVERSIONE ONERE DELLA PROVA: LE NOVITÀ

Per quanto riguarda invece il secondo punto portato all’attenzione della Lega e approvato anche dagli altri partiti, è stato scongiurato l’onere della prova in tema fiscale. «Difesa la mini flat tax, difesa la privacy del contribuente, invertito l’onere della prova, semplificato il fisco per imprese e famiglie. Ha prevalso il buon senso. Ora aspettiamo la legge delega…», spiega su Twitter il senatore della Lega Alberto Bagnai, difendendo i punti toccati dal Carroccio nel documento conclusivo pronto ad approvare in Parlamento. Nelle scorse settimane era emersa la possibilità di un rinnovato “redditometro” applicato dal MEF per la lotta all’evasione fiscale, basandosi sul ricorso automatico alle medie Istat, con il rischio però di far scattare accertamenti non sempre giustificati dalle singole situazioni dei singoli cittadini. Fu il Governo Monti per primo a invertire l’onere della prova: non più il fisco, ma il contribuente doveva dimostrare che la sua dichiarazione dei redditi fosse veritiera. Il “redditometro” avrebbe riportato le lancette dell’orologio al 2011, ma l’accordo tra i partiti l’ha scongiurato rispettando così il dettame costituzionale: è lo Stato, nel qual caso l’Agenzia delle Entrate, a dover dimostrare la veridicità della dichiarazione del cittadino e non il contrario.



Da ultimo, spiega il tesoriere della Lega nonché membro della Commissione Finanze Giulio Centemero: «raggiunta anche la tutela delle privacy del contribuente». Ciò significa che il Governo intende modulare assieme la giusta e necessaria lotta all’evasione e al guadagno “in nero”, con anche la tutela necessaria della privacy di ogni contribuente. Ecco la parte specifica contenuta e scritta nella bozza finale delle Commissioni Finanze sulla riforma fiscale: «ai fini del pieno dispiegamento dei benefici della digitalizzazione è necessario informatizzare e semplificare gli adempimenti fiscali, anche attraverso l’interoperabilità delle banche dati, nel rispetto del Regolamento (UE) n. 2016/679 (GDPR) sulla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonchè dell’art. 1 comma 683 della legge n.160/2019. Tra gli importanti obiettivi di interesse pubblico ivi contemplati è esplicitamente ricompresa anche la materia tributaria (previsione recepita dal legislatore nazionale con gli artt. 2-sexies e 2-undecies del d.lgs. n. 196/2003 cosiddetto Codice della Privacy). Finalità che, a livello costituzionale, rimanda ai principi di universalità dell’imposta e capacità contributiva (art. 53), nonché di uguaglianza (art. 3). È infatti dalle entrate tributarie che lo Stato attinge larga parte delle risorse finanziarie necessarie per assicurare ai singoli e alla collettività i servizi e le provvidenze di cui necessitano, servizi che a loro volta sono preordinati a garantire diritti fondamentali riconosciuti dalla carta costituzionale, quali quello alla salute (art. 32), all’istruzione (art. 34), alla giustizia e alla difesa per i non abbienti (art. 24). Diritti che possono essere effettivamente garantiti solo attraverso un sistema fiscale più equo, ma anche più semplice e più efficiente, attraverso l’utilizzo delle più evolute tecnologie, sempre nel rispetto (imposto in primo luogo dalla disciplina europea) del diritto alla protezione dei dati personali».