Il Festival Alta Felicità è in marcia, con meno sostegno pentastellato del solito. Il ministro Toninelli non ha firmato la lettera dell’Italia all’Ue. In realtà, sarebbe stato un atto dovuto, ma tant’è.
La partita per la Tav si è completamente riaperta e il presidente del Consiglio Conte ha gettato l’anima oltre l’ostacolo, difendendo i reali interessi nazionali. Ecco, questo è vero “sovranismo” politico.
I No Tav, seguendo un copione già scritto, non ne vogliono sapere e vorrebbero inseguire con i forconi il primo pentastellato nei paraggi. Il vero nodo è di natura politico-istituzionale. Non entro nel merito dell’ideologia No Tav, perché del nulla non vale la pena discorrere. Quando vedo in tv ultrasettantenni che, invece di comprare il gelato ai nipotini, occupano spazi del demanio pubblico con il fazzoletto al collo, stile partigiani rossi o rivoluzionari nella guerra civile spagnola, non posso che stigmatizzare la retorica sui giovani “debosciati”. Con questi antenati, è già troppo che costoro stiano in piedi.
Ciò detto, ripeto, il punto è politico-istituzionale. Se i No Tav si oppongono alla decisione politica, che sarà ratificata in sede parlamentare, in merito alla Tav, tutto legittimo, ma se usano la violenza per impedire che il consesso democratico, anche da loro eletto, abbia l’ultima parola sulle decisioni di carattere nazionale, allora siamo all’eversione.
Ciò non impedirà il completamento della Tav. Ma è certo che nei prossimi mesi vedremo la peggiore Italia contro le istituzioni democratiche. Se uno Stato di diritto è ancora ciò che Weber descrisse nella sua celebre conferenza del 1918 sulla politica come vocazione, ossia detentore del “monopolio legittimo della violenza fisica”, allora gli esiti non potranno che essere già scritti.
In Val di Susa si deciderà se in questo Paese esiste ancora uno Stato democratico e di diritto oppure se forze reazionarie e violente possono far prevalere un altro stato, in questo caso, senza maiuscola: lo stato d’assedio.