Assolto dalla accuse di violenza sessuale perchè la presunta vittima non urla ne grida. Era l’aprile del 2017, come ricorda Il Corriere della Sera, quando il tribunale di Torino decise di assolvere il coordinatore dei volontari della Croce Rossa, dall’accusa di aver violentato una giovane crocerossina: «Non grida, non urla, non piange – scrivevano i giudici nella sentenza – risponde alle chiamate di servizio mentre lui l’aggredisce, senza insospettire, anche solo involontariamente, il centralinista».



Quattro anni dopo la Cassazione ha rimescolato le carte in gioco, ed ha deciso di ordinare un nuovo processo; di mezzo una sentenza in appello che ha confermato l’assoluzione dell’imputato, ma ha anche riabilitato la vittima giudicandola attendibile. I fatti risalgono al periodo 2010-2011, quando l’imputato, all’epoca 41enne, si sarebbe reso protagonista di alcuni episodi di violenza sessuale verso una volontaria di 32 anni; la presunta vittima, in aula, aveva spiegato che il suo superiore l’aveva obbligata ad avere rapporti con lui «come pegno per poter continuare a lavorare», evitando nel contempo turni meno spiacevoli.



“NON C’E’ VIOLENZA SESSUALE PERCHE’ LA VITTIMA NON URLA”: MA LA CASSAZIONE ANNULLA TUTTO

Il pm Marco Sanini aveva chiesto in primo grado una condanna a dieci anni, mentre il tribunale optò per l’assoluzione in quanto «Il fatto non sussiste». Secondo il giudice il racconto della vittima era «inverosimile», in quanto la stessa crocerossina non aveva «tradito quella emotività che pur avrebbe dovuto suscitare in lei la violazione della sua persona», non «riferisce di sensazioni o condotte molto spesso riscontrabili in racconti di abuso sessuale, sensazioni di sporco, test di gravidanza, dolori in qualche parte del corpo». In poche parole la ragazza si era limitata a dire “basta”, e ciò non era stato ritenuto sufficiente al punto che la donna venne indagata per calunnia. La situazione, come detto sopra, era cambiata in Appello, quando la Corte aveva ritenuto credibile la ragazza, e quando i giudici avevano evidenziato che le violenze erano avvenute, assolvendo però l’imputato grazie ad un cavillo tecnico, “Una valutazione di «non procedibilità» – scrive Corriere.it – a fronte di una querela tardiva da parte della donna”. Ora la richiesta di un nuovo processo da parte della Cassazione, accogliendo quanto chiesto del sostituto procuratore generale Elena Daloiso, circa il fatto che il rapporto di gerarchie fra imputato e vittime rende il reato di violenza sessuale perseguibile d’ufficio.

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