Le proteste globali ormai per la morte dell’afroamericano George Floyd stanno segnando ben oltre il tema del razzismo tanto gli Stati Uniti quanto il resto del mondo sconvolto dalle immagini in arrivo da New York, Minneapolis e tutte le altre città coinvolte. In una lunga intervista al Manifesto, il linguista e politologo americano Noam Chomsky si scaglia contro la Presidenza Trump ma non solo: «la criminalizzazione della vita degli afroamericani è una politica premeditata, dagli Stati del sud del XIX secolo a Reagan». Alla protesta di questi giorni però, spiega Chomsky nell’intervista, aderisce anche buona parte dei bianchi e per questo si può considerare come «in alcuni settori della popolazione sono stati fatti seri passi avanti».



Secondo l’analisi del professore ormai 91enne dietro alle proteste per la morte di Floyd e al coprifuoco imposto da Trump al grido di “Law and Order” v’è ben altro e ben più profondo: «ci sono 400 anni di brutale repressione. Dapprima, il più violento sistema di schiavismo della storia, che ha costituito la base della crescita economica e della prosperità degli Stati uniti (e dell’Inghilterra). A questa fase sono seguiti dieci anni di libertà in cui la popolazione nera ha potuto partecipare a tutti gli effetti alla società e lo ha fatto con grande successo. Dopodiché è nato un patto tra Nord e Sud che ha di fatto concesso agli Stati ex schiavisti l’autorità di fare ciò che volevano».



NOAM CHOMSKY VS TRUMP “UN SOCIOPATICO”

Insomma, per Noam Chomsky l’intera storia degli Stati Uniti d’America si fonda sul concetto di schiavitù e sulla «criminalizzazione della vita dei neri»: oggi la situazione è meno pesante sul fronte del razzismo, «meno dilagante di prima» ma non meno violento, come dimostrano i fatti sulla morte di Floyd. Di certo, ammette il linguista Usa, la crisi dovuta alla pandemia ha evidenziato ancor di più il senso di ribellione e rancore di vasta parte della popolazione americana: «Il tasso di mortalità per Covid-19 tra le persone nere, per esempio, è tre volte superiore a quello tra i bianchi. Trump, la cui malignità non ha limiti, ha approfittato dell’emergenza sanitaria per ridurre le norme volte a limitare l’inquinamento atmosferico, che ha effetti devastanti sulle malattie respiratorie legate a questa pandemia», attacca senza limiti Noam Chomsky.



Di fronte alla possibilità di “giustificare” la violenza in risposta alla morte dell’afroamericano di Minneapolis, il professore non si tira indietro e afferma netto «Di sicuro può essere compresa. Più che altro, l’esperienza ci insegna che non è una scelta saggia: di solito ha come unico risultato di incrementare il sostegno dell’opinione pubblica verso una repressione ancora più dura». Infine l’attacco diretto al Presidente americano che avrebbe, secondo Chomsky, con le sue dichiarazioni ad effetto incendiato le già roventi proteste «scatenando i suprematisti bianchi che fanno parte della sua base elettorale». Per Noam Chomsky la Casa Bianca «è nelle mani di un sociopatico megalomane che è interessato solo al proprio potere, alle sue prospettive elettorali e a cui non importa cosa succede nel Paese e nel mondo», spiegava giorni fa all’Afp.