Va ai tre scienziati che hanno scoperto per primi il virus Hcv, causa dell’epatite C, il Premio Nobel per la Medicina 2020, assegnato dall’Istituto Karolinska di Stoccolma. Sono gli americani Harvey J. Alter e Charles M. Rice e l’inglese Michael Houghton, che con i loro studi – questa la motivazione del Premio – “hanno dato un contributo decisivo alla lotta contro l’epatite trasmessa per via ematica, un grave problema di salute globale che causa cirrosi e cancro al fegato nelle persone di tutto il mondo”. Determinanti le scoperte messe a punto fra il 1989 e il 1990 da Alter, Houghton e Rice perché “hanno portato all’identificazione di un nuovo virus, quello dell’epatite C”. In precedenza, infatti, “la scoperta dei virus dell’epatite A e B era stata un passo avanti fondamentale, ma la maggior parte dei casi di epatite trasmessa per via ematica era rimasta inspiegabile. La scoperta del virus dell’epatite C ha rivelato la causa dei restanti casi di epatite cronica e ha reso possibili esami del sangue e nuovi farmaci che hanno salvato milioni di vite”. 



Il prof. Massimo Ciccozzi, epidemiologo all’Università Campus Biomedico di Roma, commenta: “Queste scoperte hanno risolto una piaga umana, avendo rivelato la causa di cirrosi e tumore in quelle che venivano chiamate epatiti non-A e non-B quando l’epatite C non era ancora conosciuta”. Il premio assegnato ai tre scienziati, prosegue Ciccozzi, “è uno dei riconoscimenti più doverosi: aver trovato la via per poter combattere l’epatite C, aver trovato i farmaci per l’eradicazione non avendo a disposizione un vaccino è stato un avanzamento importantissimo”.



Il virus all’origine dell’epatite C è un virus a Rna, spiega l’epidemiologo: “Ciò vuol dire che ha un’elevata eterogeneità, con dieci genotipi diversi e cento sottotipi. La variabilità genetica che il virus presenta lo rende quasi inattaccabile, per questo è così difficile sviluppare un vaccino. Anche il Covid è un virus a Rna ma è meno variabile, muta molto meno rispetto al virus Hcv che è all’origine dell’epatite C”. 

E a proposito del Covid osserva: “L’opinione pubblica in questo momento è sotto una pandemia di proporzioni globali, la più importante dal secondo dopoguerra, è ovvio che la pressione da un punto di vista mediatico, clinico ed epidemiologico sia enorme, ma questo non deve sviare e anzi sono sicuro che non stia sviando i clinici dalle altre malattie”. “Io stesso – racconta l’epidemiologo – ho detto alle persone: ‘se vi sentite male andate al pronto soccorso, gli ospedali sono sicuri, sono strutturati per essere sicuri’. Ormai abbiamo mesi di esperienza alle spalle. Così come esiste il Covid esistono tutte le altre malattie”. 



Un Nobel, quello assegnato ai tre scienziati, che richiama l’attenzione sulla necessità di supportare la scienza e la ricerca: “Io dico che la ricerca di base va assolutamente rinforzata, il più possibile. È stata la ricerca di base a portare ai risultati sull’epatite C. C’è molta gente che lavora in condizioni di precariato nella ricerca scientifica italiana. Dobbiamo fare in modo che questi giovani possano esprimere le loro potenzialità”. “Noi siamo un fiore all’occhiello – conclude Ciccozzi –, dobbiamo far sì che i giovani vengano emancipati dal precariato. Ci sono ragazzi che fanno ricerche importanti e che sono costretti ad andare all’estero. Ripeto, noi siamo nel mondo un fiore all’occhiello, abbiamo tante persone in gamba, aiutiamole”.

(Emanuela Giacca)